Recensione: Mortal Remains
I Blood Thirsty Demons si formano nel 1997 per mano del chitarrista e cantante Cristian Mustaine. Essendo attivi da ben undici anni il Loro passato schiera demo, mini-cd, Vhs, edizioni limitate in vinile e tre album: Sabbath Solve et Coagula(2002), In the Grave(2004) e Let The War Begin(2005). Particolare che ho sempre apprezzato della Loro proposta è l’onestà di ammettere di adorare la musica dei primi Death S.S. , quelli più cupi, misteriosi e soprattutto pericolosi. Non è da tutti evitare le solite sparate nelle quali si asserisce di cercare di creare un proprio suono ben identificabile e soprattutto inventarsi magari un genere. I canoni dell’Horror HM Music/Doom sono ormai ben definiti, stabilizzati da anni e risulta spesso irriverente contaminare un certo tipo di sound, soprattutto se si pensa che è proprio da lì, e precisamente da Birmingham nel 1970, che nasce l’heavy metal. Sia ben chiaro: le variazioni sul tema sono sempre ben accette e propositive, ma le milestone vanno rigorosamente rispettate.
Mortal Remains, dalla copertina intrigante, è tutto un programma già da alcuni titoli: Symphony from the Graves, Time to Die, Welcome to my Funeral e Upon the Cross.
La title track è un biglietto da visita che non fa di certo pensare a corse notturne in macchina sul Sunset Boulevard o ai tira/molla con la biondona di turno: note mefitiche di piano fanno da colonna sonora a lamenti e grida di sottofondo. La successiva Symphony from the Graves, dopo un paio di sinistri intermezzi, si snoda fra riffing a la Megadeth benedetti da una sezione ritmica fottutamente HM. Gli stop&go si sprecano e il cantato è malato e richiama quello di Steve Sylvester, senza però mai raggiungerne la profondità.
Time to Die strizza l’occhio alla Ozzy Osbourne Band del periodo Bark at the Moon mentre Deadly Sins sia nell’incipit che nella struttura musicale richiama i Dimmu Borgir, come se per una volta i norvegesi avessero concepito un pezzo di heavy metal classico. Da rimarcare l’ottimo tappeto di tastiere, veramente perverso. Day By Day costituisce la vetta compositiva dei Nostri: si tratta di un lento struggente fino a circa metà brano che poi si trasforma in una trama dove la chitarra pare presa in prestito dal Kurt Templar di Heavy Demons (Death S.S. – 1991). E’ in quest’occasione che Cristian Mustaine più si avvicina al famoso Vampiro di Pesaro nell’interpretazione.
Welcome to my Funeral suona come se i Virgin Steele di David DeFeis si cimentassero all’interno delle putride viscere dell’Horror Metal: accostamento interessante per un brano che lo è altrettanto. Upon the Cross è troppo carica e scontata per lasciare il segno e infatti viene spazzata via dalla chitarra ossianica e remota (sembra quella di Paul Chain dei tempi d’oro) che dà il via a un altro brano HM in pieno Death S.S. stile: Roads of Amenti. End of Days cala il drappo viola su Mortal Remains in modo urlato: voce assassina, drumming devastante e chitarra chirurgica. Bella la parte arpeggiata a metà pezzo e il finale di brano che rende onore al riffing di Mr. Black Sabbath Tony Iommi.
Mortal Remains consacra Cristian Mustaine, Jack the Ripper e Karl Skyquake come papabili eredi del morbo a Suo tempo diffuso da Steve Sylvester. Quello che manca al gruppo lombardo è la sana dose di malignità in più che deve contraddistinguere un gruppo che porta un monicker altisonante come “Blood Thirsty Demons”, una caratteristica che si estrinseca nelle interpretazioni più nere e plumbee che nel caso di questa ultima Loro fatica sono state soggiogate dall’urgenza sonora.
Stefano “Steven Rich” Ricetti