Recensione: Mortal Way of Live

Di Andrea Bacigalupo - 9 Luglio 2018 - 21:32
Mortal Way of Live
Band: Sodom
Etichetta:
Genere: Thrash 
Anno: 1988
Nazione:
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75

Il 1988 è un anno particolare, ed io, sebbene fossi tredicenne, ricordo ancora alcune importanti notizie.

Ricordo gli incontri tra Reagan e Gorbaciov, con i quali la Russia tentava di avvicinarsi all’America (nel 1991 per il popolo metal ne diventava colonna sonora il ‘Monster of Rock’ Festival tenutosi a Mosca); la prima uscita dal carcere di Nelson Mandela per recarsi in ospedale; lo sterminio perpetrato ai curdi dagli iracheni; le nove statuette vinte la notte degli Oscar dal film L’Ultimo Imperatore di Bernardo Bertolucci… E tante altre.

Fu un anno prolifico e da ricordare anche per la musica metal: ‘And Justice For All’ dei Metallica; ‘South Of Heaven’ degli Slayer; ‘Seventh Son  Of a Seventh Son’ degli Iron Maiden; ‘Power Metal’ dei Pantera; ‘Leprosy’ dei Death; ‘Kings of Metal’ dei Manowar; ‘Malleus Maleficarum’ dei Pestilence e tanti altri album ancora videro la luce in quellanno.

Però c’è ancora un album che non passò inosservato, il primo live pubblicato dai tedeschi Sodom, intitolato ‘Mortal Way Of Live’, a mio giudizio uno dei migliori album di Thrash Metal ancora oggi.

Partiti con delle sonorità cupe e pesanti espresse nel primo album ‘Obsessed by Cruely’ del 1986, dai risvolti anche satanici, nel 1987 virano al thrash con ‘Persecution Mania’, affrontando diversi temi sociali, come quello della guerra, dimostrando quindi la volontà di crescere.

Dopo questi e prima di quello che a detta di molti è il loro capolavoro, ‘Agent Orange’, pubblicano ‘Mortal Way Of Live’, loro primo live. L’album venne registrato durante il Sodomania Tour tra aprile e maggio 1988 e tutti i testi sono di Tom Algeripper, frontman della band, che qui è in gran spolvero con l’aggiunta di Chris Witchhunter alla batteria e Frank Blackfire anch’egli grande trascinatore alla sei corde.

Sono quattordici i brani che compongono il live, pescati per la maggior parte dai primi lavori dei Sodom: ‘In The Sign Of Evil’ , ‘Expurse of Sodomy’,  ‘Obsessed by Cruelty’ e ‘Persecution Mania’.

Le danze, vere e proprie mazzate, si aprono con ‘Persecution Mania’, esecuzione perfetta, violenta e diretta, una bomba in continua esplosione; si passa a ‘Outbreak Of Evil’ e l’inferno si scatena; ‘The Conqueror’, fulminea e battente; ‘Iron Fist’, cover dei Motorhead, che picchia duro e senza sosta; ‘Obssesed By Cruelty’, sulfurea e sensuale; ‘Nuclear Winter’, ‘Electrocution’ e ‘Blasphemer’, tiratissime e cattive, veri e propri cavalli di battaglia; ‘Enchanted Land’, non conosciutissima che qui assume una veste ancora più opprimente che nell’album; ‘Sodomy & Lust’, di cui impressiona l’esecuzione; ‘Christ Passion’, eccessiva e paurosa; continuando troviamo la versione integrale di ‘Bombenhangel’ (che poi nel tempo verrà eseguita con ‘Stalinorgel’); il live si conclude con ‘My Atonement’ e la bonus track ‘Conjuration’, non presente in tutte le versioni del lavoro.

Colpisce in maniera particolare e forte il solo di batteria di Chris Witchhunter (purtroppo scomparso dieci anni fa), un massacro sulle pelli, una folle corsa devastante.

Dopo di loro anche i Destruction e i Kreator pubblicheranno il loro primo live, quasi ad inchinarsi ai “padri” Sodom, nati qualche anno prima.

Un live che dopo 30 anni non perde smalto: un pugno ben assestato, una macchina da guerra che non abbassa la guardia, un fendente che arriva dritto allo stomaco, questo era il loro intento e in questo i Sodom ci sono pienamente riusciti.

Recensione di Monica ATZEI

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