Recensione: Mortem Solis
“Mortem Solis” è il dodicesimo full-length dei Krisiun. Un lavoro importante poiché traccia un solco profondo fra l’ormai leggendario thrash brasiliano e il death metal di stampo internazionale.
Si può dire che essi siano definitivamente cresciuti, trovando una dimensione personale che li identifichi come una delle migliori realtà attuali in materia di death metal… puro. Una progressione importante poiché coinvolge i tre membri fondatori che, dal 1990, mandano avanti la baracca: Alex Camargo, Moyses Kolesne e Max Kolesne, infatti, suonando assieme da così tanto tempo, hanno cementato le loro menti attorno a un progetto che, all’inizio, era solo uno dei tanti.
Ora, invece, la loro fedeltà alla linea dà luogo a uno stile dai contorni ben marcati, adulto, si oserebbe dire perfetto nelle trame del suo marchio di fabbrica. C’è poco da fare, si sa: quando i musicisti si esprimono fisicamente assieme, nasce un feeling unico, una forza di coesione enorme, una totale unità d’intenti. Se poi ciò avviene da decenni, il risultato finale è il massimo che si possa ottenere.
Si può discutere di perfezione anche del suono, sinonimo di un alto livello di professionalità da parte di tutti, Century Media Records compresa. Suono potentissimo, massiccio, poderoso, a tratti titanico (‘As Angels Burn’), le cui componenti formanti sono adese fra loro come se fossero state cementate. Ma, soprattutto, irreprensibilmente pulito e intelligibile in ogni istante del viaggio che, partendo dall’opener-track ‘Sworn Enemies’, giunge al suo termine con la closing-track ‘Worm God’.
In mezzo, una quantità spaventosa di musica. Sempre varia, mai addormentata su cliché triti e ritriti. No, il terzetto del Rio Grande do Sul si danna l’anima per esprimere un’idea artistica che sia cangiante sia all’interno del disco, sia all’interno di ogni singola canzone. Idea che si mostra forse non particolarmente originale ma che possiede il grande pregio di dar vita a una forma astratta in perenne movimento.
“Mortem Solis”, non a caso, è un lavoro caleidoscopico che abbraccia dieci brani violentissimi, cattivi, feroci, la cui aggressività è ai massimi livelli possibili. Segno di un indubbio talento compositivo da cui nascono brani devastanti, rabbiosi, talvolta terremotanti (‘Swords into Flesh’), scarificati da assoli laceranti come la lama di un bisturi (‘Tomb of the Nameless’). Brani che aderiscono senza difetti al leitmotiv che rappresenta la struttura portante dell’intero LP.
Anche quando il ritmo cala, come per esempio in ‘Necronomical’ o ancora meglio nell’intermezzo strumentale ‘Dawn Sun Carnage’, il trio di Ijuí mostra ancora una volta un’innata predisposizione al songwriting. Allo stesso modo in cui il break centrale della ridetta ‘Sworn Enemies’ si stampa nel cervello per la sua insana e cupa armonizzazione, altri segmenti di oscura melodia emergono dal mare in tempesta (‘Temple of the Abattoir’) per colorare un sound che, altrimenti, sarebbe esageratamente duro, monocorde. Invece, così facendo, il platter assume profondità emotiva e, come già accennato, mobilità nella costruzione di song che si dimostrano interessanti. Tutte.
Camargo, del resto, traccia la via maestra con un growling stentoreo che non mostra alcun difetto. E così i suoi due compagni di avventura. Egregi esecutori da cui scaturisce un sound non solo irregolare, ma complicato, complesso in tutte le sue parti. Un concetto, si direbbe enciclopedico, di come debba essere la corretta gestione di un mare di note che aderiscano l’una all’altra sì che scaturisca il meglio possibile in termini di qualità tecnico/artistica.
“Mortem Solis” è, al momento, semplicemente, uno fra i migliori lavori in ambito di death metal moderno. E i Krisiun, davvero un punto di riferimento per il death stesso. In una parola, bravissimi.
Daniele “dani66” D’Adamo