Recensione: Mouth Of Swords

Di Stefano Burini - 14 Ottobre 2013 - 0:01
Mouth Of Swords
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Anno: 2013
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80

Dopo The Defiled e Monsterworks e a distanza di poco tempo, un altro gruppo proveniente dalla (ex?) Swinging London che non si fa mancare nulla in quanto a bizzaria, violenza ed estremismo sonoro; Ladies & Gentlemen: The Safety Fire.

La band è attiva sin dal 2009, anno di uscita del demo “Sections”, ed è composta da cinque elementi: Sean Mc Weeney alla voce, Joaquin Ardiles e Dearya Nagle alle chitarre, Lori Perri al basso e Calvin Smith alla batteria. Il 2012 ha visto la pubblicazione dell’esordio sulla lunga distanza, l’aspro “Grind The Ocean”, mentre è di questa seconda metà del 2013 l’uscita (sempre sotto l’egida della Inside Out Music) del presente, nuovissimo “Mouth Of Swords”.

Rispetto agli act citati, i The Safety Fire, mostrano sin dal principio di privilegiare il lato progressivo a quello puramente aggressivo, proponendo un metal certamente tosto e moderno eppure tutt’altro che scontato o meramente adagiato sulla linea dell’emo/core più ruffiano. Le partiture strumentali sono piuttosto ricercate, il sound di chitarra ruvido e djenty più che levigato e ben rifinito e anche le vocals, pur melodiche durante la maggior parte dell’ascolto, trovano soluzioni personali e decisamente interessanti. Di tanto in tanto pare di scorgere una certa somiglianza con i Periphery più progressivi (vedi la linea melodica di “Glass Crush”), mentre altre volte sono invece i The Mars Volta a balzare alla memoria (“Yellowism” parrebbe scritta apposta per l’ugola di Cedric Bixler Zavala); di certo il timbro vocale clean di Mc Weeney agevola entrambi i paragoni. Ottimo, d’altro canto, anche il lavoro di Lori Perri al basso, sempre molto presente e addirittura protagonista sulla fantastica “Wise Hands”: una sorta di semi-ballata vellutata e crepuscolare in cui la voce acuta e, questa volta, carezzevole di Mc Weeney, riporta alla mente il grandissimo Glenn Hughes.

Notevoli anche la fenomenale “Beware the Leopard (Jagwar)”, estremamente varia e in grado di coniugare il dinamismo di ritmiche di estrazione jazz con il nervosismo tipico delle trame del mathcore, così come la successiva “Red Hatchet”, decisamente djent-oriented, intricata e molto soddisfacente per chi cerca ascolti complessi. Meno brillante, eppur tutt’altro che scarsa, la doppietta costituita  da “The Ghosts That Wait For Spring” e “I Am Time, The Destroyer”: due brani scabri e frastagliati a base di djent/mathcore che rendono sufficientemente l’idea di come i The Safety Fire, pur non difettando, maneggino meglio il prog più miscellaneo rispetto a sonorità al 100% estreme. Il gran finale è poi riservato alla superba “Old Souls”, ennesimo pezzo caratterizzato dal riuscito impasto tra reminiscenze di stampo jazz e riffing assassino, valorizzato dal vocalismo poliedrico di Sean Mc Weeney e da un lavoro di basso, chitarre e batteria semplicemente sopraffino.

Tralasciando la discutibile copertina, “Mouth Of Swords” va, dunque, a configurarsi come un disco vario, dinamico e intelligente, nel quale sonorità “in voga” vengono piegate a esigenze di songwriting tutt’altro che modaiole. Come avrete intuito non si tratta di un disco “easy listening”, ma il valore artistico c’è e si sente; le qualità tecniche degli strumentisti sono evidenti e tutte le nove canzoni proposte crescono esponenzialmente con i successivi ascolti. Una manna per i fanatici del prog più avanguardista, per i quali “Mouth Of Swords” potrebbe rivelarsi una graditissima sorpresa.

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Stefano Burini

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