Recensione: Murderlust

Di Matteo Di Leo - 12 Dicembre 2013 - 0:16
Murderlust
Band: Hatesphere
Etichetta:
Genere:
Anno: 2013
Nazione:
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67

Certo che ha determinazione e forza di volontà da vendere Peter Hansen. Rimasto ormai da tempo unico superstite della formazione originale degli Hatesphere, il chitarrista danese non ha mai pensato di ammainare la bandiera e porre fine all’avventura della sua creatura, anzi, si è sempre rimboccato la maniche per trovare nuovi compagni d’arme.
A dire il vero, questi ragazzoni forse in Italia non hanno mai riscontrato grandissimo successo (se non agli inizi, complice anche il lavoro della nostrana Scarlet Records) ma nel nord Europa possono contare su un nugolo di sostenitori agguerrito almeno quanto loro.
Con Esben Hansen alla voce, il gruppo pare finalmente aver trovato una certa stabilità, dopo la fugace apparizione di Jonathan Albrechtsen in “To the Nines” e la dolorosissima dipartita di Jacob “Dr. J” Bredahl ( chi scrive è un suo grande ammiratore e vi consiglia, qualora non lo abbiate fatto, di recuperare i primi due splendidi dischi incisi con gli italianissimi Allhelluja).
Nulla è mai cambiato invece nelle coordinate stilistiche dei nostri: thrash/death metal sporcato da influenze hardcore e da alcune sbandate death n’roll, con risultati mediamente sempre soddisfacenti. “Murderlast” non fa eccezione e anzi man mano che si susseguono gli ascolti guadagna posizioni nel repertorio della  band.
Protagonisti principali sono proprio Peter e Esben. Il primo sfodera una prestazione da urlo con la sua ascia, impreziosendo ogni singolo brano di riff e armonizzazioni di pregevole fattura; da parte sua, il cantante si dimostra ormai perfettamente a proprio agio, valorizzando nel migliore dei modi le composizioni del leader e spremendo il suo screaming in modo più che convincente.
Ad accrescere il tasso di violenza, già pericolosamente alto di suo, ci pensano gli ospiti d’eccezione The Black Dahlia Murder. Il chitarrista Ryan Knight regala un pregevole assolo in “The Violent Act” e la “combo” si ripete in “Iconoclast” ma stavolta sarà Trevor Strnad a duettare con Esben.
Non siamo tra i “top annuali” del settore per pochissimo, ovvero per qualche episodio sottotono e perché, a conti fatti, su dieci canzoni ritroviamo uno strumentale ed una cover. Quale cover? “Assassin”, la traccia finale, alto non è se non una riedizione dei Muse dello stupendo “Black Holes and Revelations”, per l’occasione stravolti e perfettamente inseriti nel contesto Hatesphere.

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