Recensione: Must Album
L’Estonia è sempre stata una terra ricca di fascino, sia naturale che musicale. Una terra sopita per anni sotto l’Unione Sovietica, con una lingua propria simile al finlandese, non indoeuropea, e per questo dal suono tutto particolare.
Fino a 10 anni fa dall’est europeo provenivano band per buona parte dure, dai suoni selvatici e dall’attitudine decisamente greve. Con l’arrivo del benessere e della libertà di espressione la scena orientale si è fortemente raffinata, e i Loits sono uno dei prodotti senza dubbio più squisiti dell’area baltica.
Reduci da un fortunato Vere kutse kohustab, i sei soldati di Tallinn affrescano scenari oscuri e spietati come quelli della guerra moderna che distrugge amicizie, separa famiglie ed estirpa radici. Lo stesso artwork dell’album e le sei carte incluse nell’edizione speciale di questo Must Album (l’Album Nero, appunto) lasciano ben trasparire i temi marziali, il rapporto tra i civili e i militari gettati nelle trincee a sparare ai propri compagni di infanzia.
L’eleganza della copertina e degli artwork è ben trasmessa anche all’orecchio: il genere proposto è un black metal profondo, non particolarmente ferale e a suo modo persino epico. Un epos moderno fatto di brevi occhiate al rock, di violenti passaggi black al fulmicotone, di lunghe disquisizioni strumentali popolate da chitarre struggenti e da una batteria cadenzata e calda, caldissima, una delle poche in questo genere a trasudare umanità a ogni colpo. L’ottima voce del cantante, che passa con disinvoltura da tonalità stridenti Emperoriane a semi-ruggiti corali di scuola epica pan-europea riesce a trasmettere i toni disperati di ogni traccia senza cadere nel lamentoso o nell’eccesso di malinconia.
A tal fine vengono utilizzati tempi di ogni tipo, dall’heavy più sostenuto a brevi passaggi psichedelici quasi tendenti al prog, senza lesinare piccoli inserti melodici elettronici come nella ottimamente proposta “Kiri kaevikust“.
Un album tardo-romantico da gustare con un bicchiere di vino in una giornata d’autunno. Un album che darebbe anche da pensare se non fosse completamente cantato in estone e quindi inconsciamente dedicato a un’élite che probabilmente ha vissuto da vicino le rigide atmosfere che si snodano tra i solchi di questo piccolo disco, del quale ci auguriamo venga prodotto un ulteriore, toccante seguito.
Daniele “Fenrir” Balestrieri
TRACKLIST:
01. Emaraud
02. Soomusronglase Silmis
03. Suudelda Neidu
04. Kiri Kaevikust
05. Ei Kahetse Midagi
06. Veealune Valss
07. Peegli Ees
08. Surmarestoran
09. Öölaul