Recensione: Mute
A volte succede di riflettere su quanto la classificazione musicale in generi sia percepita come un mero strumento di comodo. L’etichettatura è utile, soprattutto per riporre un disco nello scaffale appropriato di un negozio specializzato; ma se si dovesse entrare in questo negozio per cercare Mute dove ci si dirigerebbe?
Il progetto Demians nasce nel non proprio lontano 2001 dalla mente del polistrumentista francese Nicolas Chapel, il quale prende ispirazione dal titolo del romanzo Demian di Hermann Hesse per dare un nome all’insieme delle proprie idee musicali. E che idee! Talmente buone da valergli ripetuti complimenti per Building An Empire, debut datato 2008, da quel musicista sopraffino che risponde al nome di Steven Wilson. Tanto che, messa in piedi una tour band, Chapel girerà l’Europa assieme a band del calibro di Marillion, Anathema e, guarda caso, Porcupine Tree.
Mute è dunque solamente la seconda uscita discografica targata Demians, e già questo è un dato che lascia sbalorditi. Chapel suona, come già ricordato, tutti gli strumenti: dalle chitarre al basso, dalla batteria al violoncello, senza scordare piano, mellotron e violino; e canta; e non ha bisogno di samples per incantare.
Ascoltando le nove tracce in questione è facile dimenticarsi di tutto per una cinquantina di minuti, facendosi travolgere da una cascata di sentimenti ed emozioni molto forti senza nessuna voglia di opporrerle resistenza alcuna.
Il lavoro è decisamente eterogeneo ma senza per questo risultare disarmonico, grazie soprattutto ad una malinconia di fondo che attraversa le composizioni; e questo sia per quanto riguarda pezzi struggenti che, in quanto ad umore, rimandano a certe atmosfere in stile Radiohead ed Anathema (come la stupenda Porcelain), sia quando ci si trova in presenza di ritmiche ossessive e martellanti condite da un sovraccarico sonoro à la Tool (Feel Alive, il finale dell’ottima Overhead).
Già dall’opener Swing Of The Airwaves si può comprendere quali siano le carte che il buon Nicolas ha deciso di giocare per dar forma alla propria espressività: linee vocali sostanzialmente melodiche, abbondanti distorsioni chitarristiche, orchestrazioni dosate e sempre ben amalgamate all’insieme.
La seguente Feel Alive è uno degli episodi più tirati e vede in primo piano una massiccia sezione ritmica. Forse servirebbe un’impennata capace di far cambiare marcia al brano, ma tutto sommato fila bene anche nella sua circolarità.
Stupenda invece l’elegiaca Porcelain, esempio lampante di quali vette compositvo/esecutive abbia raggiunto questo talentuoso musicista d’oltralpe.
Black Over Gold viaggia per il primo paio di minuti trasportata dal piano che accompagna la delicata linea vocale, lasciando posto durante lo sviluppo del brano ad un crescendo lento ma efficace; vanno sottolineati anche alcuni passaggi a livello lirico assolutamente ispirati e toccanti, come i versi “It doesn’t matter much to you or to me / Whether we die on the land or on the sea / The sun will shine, a thousand rains will fall / But your generous grave will hide us all”: pura poesia.
In Overhead il valore aggiunto sono archi e percussioni che donano al brano un tocco mediorientale sul quale il talento interpretativo di Chapel si erge fieramente, raggiungendo nel finale elettrico picchi espressivi notevoli. Segue la tirata ed orecchiabile Tidal, buona per stemperare un carico emotivo che si sta via via facendo decisamente gravoso, e che nulla aggiunge o toglie all’opera tutta, riuscendo però a dare respiro ad un ascolto affatto semplice.
In Rainbow Ruse sono sapientemente miscelati momenti acustici ed altri condotti da un riff elettrico alquanto pesante; straordinaria la seguente Hesitation Waltz, nella quale dominano le percussioni e che rende chiaro quale sia la forza dei brani che compongono questo Mute: su strutture piuttosto semplici c’è uno sviluppo portato avanti per merito di un lavoro chiruirgico sugli arrangiamenti, sempre molto curati e ragionati; sempre eleganti; sempre capaci di impreziosire melodie ed armonie per l’appunto mai esageratamente complicate. E su tutto questo svetta una produzione cristallina efficace nel valorizzare il lavoro svolto dai singoli strumenti, che si tratti delle chitarre, del mellotron o degli archi; solamente il basso rimane in alcuni episodi in secondo piano, ma ci sono altresì momenti nel quale è decisamente protagonista, come nei primi due brani.
Una ballata per piano e voce dal titolo Falling From The Sun, ancora una volta completata da ottime orchestrazioni, chiude Mute rendendo onore a quanto fin qui ascoltato.
Dopo le ottime release di Alcest e The Black Noodle Project, arriva la seconda uscita discografica targata Demians a ricordare che nel 2010 la scena musicale transalpina è più viva ed ispirata che mai. Dischi come Mute sono manna dal cielo per chiunque abbia voglia di musica trasversale, capace di incantare in modo semplice e senza necessitare di “effetti speciali”; gli ingredienti contenuti sono talento, ispirazione, sentimento, espressività, il tutto condito da una buona preparazione tecnico-musicale.
Perde ragion d’essere quindi la domanda iniziale; non si avrà la sicurezza di trovare Mute sullo scaffale progressive di un negozio specializzato; così come non sarà scontato trovarlo nella sezione alternative o artistic rock. Ed è giusto così, dal momento che lo stesso Nicolas Chapel rifiuta (a ragione) di etichettare la propria musica.
Massimo Ecchili
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Tracklist:
01. Swing Of The Airwaves (07:27)
02. Feel Alive (04:33)
03. Porcelain (05:33)
04. Black Over Gold (06:10)
05. Overhead (06:33)
06. Tidal (03:47)
07. Rainbow Ruse (05:31)
08. Hesitation Waltz (06:46)
09. Falling From The Sun (04:10)