Recensione: My Darkness

Di Alessandro Calvi - 17 Luglio 2003 - 0:00
My Darkness
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Anno: 2003
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65

I Before the Dawn arrivano a noi con questo loro primo full lenght dopo due demo e l’Ep di debutto intitolato Gehenna.
Il genere proposto dal quintetto scandinavo è un death melodico con influenze in particolare dal dark e da certe atmosfere un po’ malinconiche che riportano alla mente in particolare gruppi come i Sentenced di cui però per fortuna non sono degli sterili cloni. Pur proponendo un genere musicale legato a quella corrente cercano di metterci dentro delle idee personali come per esempio l’alternarsi di voce pulita e growl per dare maggiore spessore alle canzoni.

L’album inizia con una corta intro strumentale di circa un minuto il cui primo ascolto a dir la verità mi ha fatto un po’ storcere il naso presentando musicalità elettroniche, per mia fortuna però si trattava solo di un caso isolato, difatti nel momento in cui inizia Umbreakable, la prima vera canzone del cd, si lascia spazio solo a chitarre, batteria, basso, tastiere e voci.
Come si diceva il genere proposto potrebbe essere etichettato come death melodico e lento con influenze dark, le canzoni non hanno particolari accellerazioni o momenti di furia alternati ad altri di momentanea quiete, si tratta di canzoni orecchiabili e melodiche che si lasciano ascoltare senza problemi. Sopra tutto il tono un po’ triste e decadente che si diceva essere legato a tutta una serie di gruppi che portano avanti una certa proposta musicale. Le canzoni sono orecchiabili e facilmente ricordabili, mai troppo complesse e tutti i brani sono relativamente corti rispetto agli standard a cui è normalmente abituato un ascoltatore metallaro visto che superano raramente e di poco i 4 minuti ma si assestano tutti sui 3 minuti e mezzo.

In generale questo album non è certo una pietra miliare del metal dei prossimi anni, il genere musicale che questi ragazzi propongono non è proprio una novità. Dalla loro bisogna però ammettere che cercano di metterci una certa originalità e non seguono pedissequamente quanto fatto dagli altri cercando di variare la propria proposta con alcune scelte personali. Inoltre le canzoni non sono brutte, si lasciano ascoltare, sono orecchiabili ed entrano in testa facilmente, si sente che dietro c’è un buon lavoro in particolare di chitarre e di tastiere.

In conclusione un buon album che si lascia ascoltare ma che non è nulla di nuovo sotto il sole, buona produzione, canzoni orecchiabili, il tutto partorito da una giovane band al suo primo full lenght, direi che ci sono sempre buone possibilità di miglioramento se decidessero di intraprendere una strada che li portasse a creare un sound più personale.
Restiamo in attesa del prossimo per vedere come si evolveranno.

Tracklist:
01 Intro
02 Umbreakable
03 Seraphim
04 My Darkness
05 Take My Pain
06 Father and Son
07 Alone
08 Angel
09 Undone
10 Human Hatred
11 4.16 a.m.

Alex “Engash-Krul” Calvi

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