Recensione: My Many Sides
Tutto sommato fuori moda. Probabilmente superfluo.
Sicuramente piacevole.
Più di tutto, ben suonato ed interpretato.
In un epoca in cui il disco solista non si nega a nessuno, anche Josh Ramos, chitarrista non certo di primissimo piano a dispetto di una carriera rispettabile, arriva a proporre la propria “personale“. Un’opera suggestiva incentrata sull’estro del musicista noto agli esperti di “cose melodiche”, per quanto svolto con Hardline, Two Fires e soprattutto The Storm. Due album quelli realizzati proprio con i The Storm, che ancora oggi rappresentano per molti una sorta di pietra filosofale dell’AOR di matrice americaneggiante.
Materiale per cui andare fieri in eterno e con il quale garantirsi un credito “a vita”.
“My Many Sides” non è tuttavia la prima uscita in solitaria per Ramos. Già nel 2003, infatti, il musicista statunitense ebbe modo di farsi conoscere con un album autografo, incentrato per lo più sulle sonorità classiche del melodic rock alla Journey.
Con un titolo esemplificativo ed illuminante, la seconda fatica in solitaria va invece alla ricerca di una maggiore completezza e varietà stilistica. Una raccolta tesa ad abbracciare le molte sfaccettature presenti nel background dell’artista americano, a partire dal blues più torrido, per sfociare poi nella melodia del rock edulcorato che ne è da sempre compagno di viaggio abituale.
Ad assecondare le velleità di Ramos un nutrito drappello di singer di rango, alcuni dei quali arcinoti negli ambiti melodici. Joe Retta, Tony Harnell, Danny Vaughn, John Bisaha, Harry Hess, Eric Martin, Terry Illous, Tony Mills: zero dubbi sugli esiti a livello interpretativo dei vari brani.
Proprio la presenza di Joe Retta degli Heaven & Earth, consente una sorta di parallelismo – a nostro giudizio alquanto indicato – sulla natura dell’operazione, un po’ nostalgica, intentata da Ramos insieme a Frontiers.
Facile, in effetti, tentare un paragone con alcuni grossi side project che molto andavano di moda sul finire degli anni novanta. Brazen Abbott, Nostradamus e proprio Heaven & Earth avevano grossomodo la medesima struttura stilitica di questo “My Many Sides“.
Varietà di temi musicali interpretati da cantanti di grande prestigio. Ovviamente la potenza di alcune cose costruite all’epoca dal bulgaro Nikolo Kotzev è destinata a rimanere ineguagliata. Va detto però, che pur con tutte le riserve del caso, anche “My Many Sides” riserva un importante quantitativo di musica di qualità, cui non difettano buon gusto negli arrangiamenti e perizia superiore nell’esecuzione.
Permane forse un retrogusto demodé che rende l’iniziativa non proprio attuale ed originalissima.
L’effetto vintage, in buona sostanza, è un po’ croce e delizia di un disco dai contorni paludati che non aggiunge nulla di particolarmente insolito ad una scena, oggi, ricettiva verso tutt’altro.
Ma che, ascoltato in tranquillità e relax riesce ad offrire momenti decisamente godibili, orchestrati con mestiere e destrezza.
Uno su tutti, brano “faro” dell’intero ellepi, la dolce e passionale “I Have Been Waiting”: una canzone – impreziosita dalla splendida voce di Harry Hess – che davvero non avrebbe sfigurato nel songbook proprio di Heaven & Earth e Brazen Abbott.
Malinconica segnalazione infine, per la conclusiva “I’m Only Human“, a quanto ci risulta ultimissima traccia vocale registrata da Tony Mills nel corso della sua esistenza terrena.
Un velo di tristezza è inevitabile nell’ascoltare corde vocali dotate d’intonazione e timbro ancora intatti, in cui tuttavia la consueta verve pare ormai scalfita dalla malattia in fase terminale.
Un triste saluto per un singer talora sottovalutato che, fatalmente, chiude il disco con un pizzico di commozione.