Recensione: Mythmaker
A solo un anno di distanza dal precedente album intitolato “Theomachy”, i nostrani Tragodia tornano orgogliosamente sulle scene, rilasciando per Kolony Records il terzo album intitolato “Mythmaker”.
Affidatisi alle cure del sapiente ingegnere del suono UE Nastasi (noto per aver lavorato con realtà importanti come Lamb Of God, Gojira e Paradise Lost), i nostri segnano il proprio ritorno nello sconfinato universo musicale con un’opera molto ben realizzata, che non lascerà interdetti ne i sostenitori storici del combo lombardo, ne tanto meno tutti gli appassionati del Power Metal più oscuro, gotico e decadente.
L’incipit del platter è scandito dalle note potenti e malinconiche della bella “Cry Among The Stars”, opener massiccia e cadenzata, contraddistinta da un notevole utilizzo delle tastiere che ne enfatizzano l’alone di drammaticità che permea il brano. È comunque la melodia a regnare incontrastata, grazie all’ottimo lavoro svolto dalle due asce e soprattutto alle interessanti armonie vocali interpretate dal cantante Luca Meloni, mentre il polistrumentista Francesco Lupi si rivela abile nel condurre la trama del brano al cospetto di un refrain molto suggestivo.
Lo stile gotico del gruppo italiano permane nel prosieguo della bella “The Oracle And The Muse”, la quale fotografa ancora una volta una band ben preparata tecnicamente ed ispirata in fase di composizione, allestendo un episodio articolato e ben strutturato, abile nel mescolare potenza e melodia, veri marchi di fabbrica del sound dei Tragodia.
“A Temple In Time”, resta ancora saldamente imperniata sull’elegante lavoro chitarristico che appare quale motore primario nelle composizioni del quintetto, durante le quali una sezione ritmica affilata, risulta comunque sempre in prima linea.
La band predilige episodi intricati ed evocativi proprio come nel caso della gelida “Wisdom In The Meadows Of Sorrow”, ricchissima di spunti melodici e soluzioni ritmiche elaborate, in grado di aumentare esponenzialmente il valore di questa terza fatica del combo tricolore.
Atmosfere romantiche e plumbee pervadono le note della suggestiva “Tidal Waves Of Greatness”, superba ballad elettro acustica, nella quale emerge il lato più intimista dell’anima dei Tragodia, qui protagonisti di una fuga Gothic pregevolmente pura.
“Once In Arcadia” torna su sonorità parecchio più Heavy e decise che non deludono e rinfrancano l’ascoltatore con sprazzi di energia, mentre la seguente “The Stone And The Idol”, presenta un maestoso tappeto sinfonico d’accompagnamento, anche se in realtà il brano non sembra discostarsi molto da quanto ascoltato finora.
Decisamente più interessante è invece la successiva “Born Under Niobe”, imperniata su una serie di riff granitici ed ipnotici, prima che la melodia arrivi a dominare la situazione nel malinconico chorus.
Un pulsante riff di basso scandisce l’incedere della furiosa title track, contraddistinta dall’ottima prova del vocalist lombardo mentre le ultime fasi di questo terzo capitolo targato Tragodia vedono protagoniste le belle e tetre “The Weepimg Rock Of Seriphus” e “Downfall Of The Ancients”, quest’ultima inclusa nell’album come bonus track.
Un bel sigillo al gradito ritorno di una band sicuramente da non sottovalutare, divenuta ormai una sicurezza della scena Metal nostrana e pronta per il balzo in avanti definitivo.
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