Recensione: N.W.O. The Beginning
Il discorso del presidente Bush Senior sul nuovo ordine mondiale introduce il quarto lavoro dei toscani Madness of Sorrow, intitolato per l’appunto “N.W.O. The Beginning” e introdotto da una copertina decisamente provocatoria ma non priva di spunti di riflessione interessanti. Da un punto di vista prettamente “fisionomico”, rispetto alla precedente release dei nostri va notato un cambio dietro il microfono, con Prophet che affianca il mastermind Muriel Saracino occupandosi delle parti vocali e di tutti i testi dell’album, riguardanti la visione non proprio rosea della società in cui viviamo oggi del cantante. La proposta del gruppo, che si definisce Horror/Gothic metal, si potrebbe descrivere effettivamente come un Horror Metal molto variegato che, pagato il doveroso tributo ai Death SS e Rob Zombie, si diverte a spaziare anche nei generi attigui, inserendo elementi presi dalla musica dark e dall’industrial e a sfruttando qualche eco nu metal per creare un amalgama accattivante e omogeneo. Ecco quindi che echi di mansoniana memoria si legano a passaggi più legati al metallo da acciaieria dei Rammstein e alle melodie sinuose e malinconiche dei Sisters of Mercy, il tutto legato da ritmiche frastagliate, chitarre taglienti e dalla voce del già citato Prophet, che si dimostra l’arma in più del gruppo, andando a rovistare in tutto il repertorio del perfetto cantante horror metal destreggiandosi tra urla insensate, sussurri ruvidi e maligni e nenie sinistre.
Una volta terminata l’intro si parte con la funambolica “Salomon”, dominata da melodie malate ed improvvise sfuriate batteristiche su cui si sviluppa un lavorio di chitarre insistente e muscolare. Neanche il tempo di accorgersene (la durata media delle canzoni che compongono questo “N.W.O. The Beginning” è infatti piuttosto contenuta, e si aggira intorno ai tre minuti e mezzo) e già si passa alla successiva “Inside the Church”, anch’essa caratterizzata da riff vorticosi e melodie corpacciute: l’intermezzo centrale spezza solo in apparenza la malignità della traccia, permettendo al gruppo di prendere la rincorsa per il ritornello finale e guidarci alle melodie oscure di “You’re not Alone”. Qui l’anima dark del gruppo esplode in un brano più accessibile di quelli che l’hanno preceduto ma non per questo meno affascinante, avviluppato com’è dalla sua aura sinistra e decadente.
“Necrophilia” si fa largo a sgomitate con un incedere nervoso e furente debitore, per certi versi, di quanto proposto dal reverendo più famoso del rock, seppur opportunamente incattivito da una resa vocale nevrastenica, mentre “Slut” sembra mescolare le atmosfere delle due tracce precedenti per confezionare un ammaliante ibrido tra Marilyn Manson e i Sisters of Mercy, giocandosela tutta con melodie semplici ma azzeccatissime ed un piglio vocale garbatamente aggressivo. Melodie fredde e sinistre dominano la successiva “RIP”, che dopo un primo momento più tipicamente horror si sviluppa in modo abbastanza rilassato, se si eccettua il brevissimo inasprimento nella seconda metà che prelude l’assolo. “Zombified” riprende l’attitudine orrifica avanzando lenta, inesorabile ed oppressiva, concedendo boccate d’aria solo in corrispondenza del ritornello, mentre con l’arrivo di “Keep your Head Down” si avverte la presenza di un respiro più maestoso a sostenere l’avanzata sofferta, ruvida e arrancante (in senso buono) di Prophet. La breve pausa narrativa non fa che aumentare l’inquietudine del brano, che si rigira su sé stesso grazie al suo andamento ipnotico e ripetitivo. Dopo questa breve pausa si torna a picchiare duro con le martellate di “Dna”, traccia ritmatissima in cui, dopo una breve introduzione dettata dalla melodia di un carillon, lo spettro del nu metal e di un certo Rob Zombie si rivela in tutta la sua tracotanza: riff sintetici e melodie oscure si fondono tra loro, mentre la sezione ritmica mena fendenti e Prophet dimostra ancora una volta di trovarsi a suo agio in ogni anfratto di questo tipo di proposta musicale. Il ritorno del carillon posto in apertura conclude il brano e ci consegna la più canonica “Sos”, in cui i riff classicamente heavy tornano padroni della scena e la componente, diciamo così, effettistica passa in secondo piano. Il brano, compatto e asciutto, costituisce un’ottima conclusione per questo lavoro, prendendo congedo dal suo pubblico con un ultimo colpo di coda di un certo rilievo, dato che l’outro, pur dotata di una certa atmosfera, non aggiunge nulla al risultato finale.
Bene, ora che siamo giunti al termine di questa recensione posso dirlo in tutta franchezza: non sono un grande amante di questo tipo di horror metal, lo ritengo un po’ troppo imbastardito per i miei gusti. Ciò detto, e anche a fronte dei miei gusti personali, ritengo di poter altresì affermare che questo “N.W.O. The Beginning” è un prodotto decisamente ben fatto, variegato ma non dispersivo e sempre organico nel suo modo di miscelare influenze apparentemente inconciliabili. Fossi in voi ci darei un ascolto, perché di ciccia qui ce n’è parecchia.