Recensione: Naked Soul
Suggerisce idee classicheggianti questa nuova ideazione di Frontiers.
Lasciando perdere gli ultimi trittici sanremesi (ai quali va tributato in ogni caso massimo rispetto), il nome T3nors, con quel “3″ piazzato nel mezzo del logo, sembra tanto voler ricordare qualcosa di Pavarottiana memoria. Che la label si sia data alla lirica?
Macché, per fortuna il territorio è quello tradizionale del melodic rock di “bandiera”, da sempre tanto caro all’etichetta napoletana. Bene così: del resto era sufficiente leggere il nome dei “tre tenori” per capire di primo acchito dove l’ennesima proposta da studio sarebbe andata a parare.
Toby Hitchock (Pride of Lions), Kent Hilli (Perfect Plan) e Robbie LaBlanc (Find Me), sono tre ottimi cantanti, decisamente familiari alle cronache dell’AOR. L’idea di metterli assieme per un disco a tre voci, tutto sommato stuzzicante anche se, va detto, non al riparo dalle critiche di chi – a torto o ragione che sia – sta iniziando a percepire un filo di stanchezza di fronte alla marea di side project creati a tavolino che si affacciano di continuo sulle scene.
Con album a volte molto buoni, ma effettivamente in numero esagerato per consentire una reale affezione alla musica prodotta. Ed in netto contrasto con la creazione di un seguito tangibile verso realtà da considerarsi per lo più “virtuali”, generate per volere dei discografici più che per effettivo spunto di artisti coinvolti emotivamente in un progetto comune e duraturo.
“Naked Soul” dei T3nors vive comunque su alcuni punti di forza incontrovertibili. L’AOR di cui è imbevuto è, nella maggior parte delle composizioni, di buon livello. Derivativo, come ovvio non originale, debitore di capisaldi del genere come Survivor, Strangeways e Journey. Ma sempre molto ascoltabile, schietto e facile da apprezzare.
Soprattutto, è un disco davvero ben “cantato”. E ci mancherebbe, verrebbe da aggiungere.
La prestazione vocale dei tre singer coinvolti è spettacolare, piena e magistrale. Una lezione di classe a tutto tondo da tre voci potenti e cristalline, ben assortite e decisamente godibili da ascoltare assieme.
Va da se che, al netto di questi elementi di sicuro valore, il risvolto meno positivo della questione è dato dalla assoluta prevedibilità dei contenuti. Le canzoni sono molto ben interpretate e stra-prodotte (suoni deluxe) ma non certo innovative o dotate di uno spessore compositivo tale da uscire troppo da una teorica zona di “comfort”.
Chi mastica AOR da un po’, ha già sentito praticamente tutto quanto inciso in “Naked Soul“. E nemmeno una volta sola. L’effetto inevitabile è una scarsa longevità del disco, che in capo ad una manciata di giri nel lettore rischia di perdere un po’ di mordente e scivolare senza incidere come la presenza di cantanti di tale spessore avrebbe invece meritato.
Un peccato perché il debutto dei T3nors qualche “jolly” lo piglia pure. L’iniziale “April Rain” è una gran bella canzone, mentre “Time is Coming” ha spunti realmente di classe assoluta. Certe atmosfere avvolgenti e levigate poi, percepibili in vari momenti del cd (“Torn“, “Set Fire to the Rain“) offrono sensazioni piuttosto gratificanti.
Non c’è però, quella percezione finale di album davvero irrinunciabile, che verrà ricordato o messo in bacheca tre le cose migliori del periodo.
Una volta si sarebbe detto che il disco era stato realizzato con molto mestiere. Laddove il “mestiere” era un espediente per identificare quel modo di mettere sul piatto una serie di brani per lo più inappuntabili. Onesti, ben confezionati ed interpretati, difficili da definire brutti. Ma alla resa dei conti, senza infamia e senza troppa lode.
Ecco. “Naked Soul” dei T3nors ci è sembrato proprio questo.
Un cd piacevole, ma fatto con molto mestiere…