Recensione: Når Avgrunnen Åpnes
Nonostante sia stato un ottobre sufficientemente clemente per quanto riguarda il clima, oggi il cielo è nero e piove ininterrottamente, clima “perfetto” per recensire la seconda fatica dei Djevelkult entrando così in un vortice pericolosamente autolesionista e deprimente.
La prima cosa che effettivamente balza agli occhi in questo caso è la cover dell’album, nonostante la provenienza norvegese questa volta non vediamo impressa una foresta innevata rigorosamente in bianco e nero, ma un disegno bello ed elaborato, rappresentante diavoli, anime in pena e dannate, draghi e creature demoniache, lasciandoci presagire che appena schiacceremo play di sicuro non verremo accolti da note clementi.
Il male prende forma materializzandosi nella nostra stanza non appena parte Atomic Holocaust, una sfuriata di blast con un growl evocativo che Lucifero scansati proprio. Sofferenza e pena si alternano a blasfemia e invocazioni nere facendo proseguire la sagra del nefasto a Condemned Into Eternal Void, i ritmi si allentano, il sangue continua a scorrere copioso ma più lento, incessante, ferite aperte autoinflitte con le urla lancinanti di Xarim che fan da padrone, mescolandosi in maniera egregia con le atmosfere create dal resto della band accompagnandoci in sentieri confusi e intricati tra incubo e realtà, veleno, proiettili, e guerra. Pare proprio che il combo norvegese voglia portare l’ascoltatore alla pazzia più folle per condurlo a una fine tragica.
La titletrack è ciò che meglio rappresenta questo lavoro, solenne ed epica come la copertina cosi come la thrasheggiante Døpt I Helvetesild, non fa prigionieri, anzi si…un prigioniero sei tu, che nell’ascoltare questo strazio di urla e riff maligni ti senti molestato cosi come Bruto, l’acerrimo nemico di Popeye, molestava la sua amata Olivia; ti senti senza aria, quasi soffocato dai Blast furiosi e la melodia di morte che questi ragazzi tirano minuto dopo minuto.
I Djevelkult non inventano nulla, proprio nulla, ma ciò che fanno lo san fare in maniera efficace, ossia suonare un buon Black Metal ortodosso, senza fronzoli, negativo, blasfemo, istigante alla morte e commettere atti impuri. Tutto ciò a noi piace e si rivela efficace nella sua semplicità.
In un attimo si passa da 1200 Bpm a tempi più rallentati ma sempre e comunque ossessivi e laceranti, con un gran lavoro del drummer Ond sempre sul pezzo e indiavolato come se avesse un mix nel sangue di Ketamina e Satana.
Gli stilemi sono esattamente quelli del Black Metal più tradizionale ma è da sottolineare l’ottimo lavoro delle asce che conferiscono spesso e volentieri epicità marziale ai brani unendo tremolo di sicura ispirazione satanica a riff più nettamente di scuola thrash old school, dando quel pizzico di freschezza innevata a questi quarantacinque minuti di massacro sonoro e mentale.
Når Avgrunnen Åpnes non rimarrà nella storia del metal e neppure del Black Metal più ortodosso ma per gli amanti del genere che vivono a pane insanguinato, coltelli, misantropia e Tsjuder questo fa a caso loro come per uno spilorcio è trovare 1 euro in terra, la felicità.