Recensione: Nebularium
Prima dei Disarmonia Mundi con Bjork “Speed” Strid di Fragments Of D-Generation
e di Mind Tricks, esistevano i Disarmonia Mundi di Nebularium, una vera ventata di freschezza, nonché una piacevole sorpresa per chi riscopre quell’album dopo aver ascoltato la produzione più recente del gruppo che, molto spesso, ha visto la band accusata di eccessiva mancanza di creatività e di personalità e di troppa somiglianza con la musica dei loro “cugini”
Soilwork, con cui ora condividono il cantante.
Nati nella zona del Torinese nel 1999, la prima formazione dei Disarmonia Mundi vedeva alla batteria Dario Merlin, alle chitarre Ettore Rigotti e Marco Corti ed al basso Mirco Andreis. Dopo alcuni cambi di lineup, con l’uscita di Corti e di Merlin dalla formazione, la mancanza di personale viene integrata con Simone Palermiti alla chitarra e Benny Bianco Chinto alla voce. Scelto il nome Disarmonia Mundi per rappresentare il conflitto che regna nei testi e nella musica, conflitto che si combatte su diversi terreni e che porta allo steso tempo a risultati comuni, il quartetto torinese sceglie di bruciare le tappe mettendosi subito al lavoro su un vero e proprio full length, senza incidere demo.
Il primo disco dei Disarmonia Mundi esce nel 2002 con il titolo Nebularium, completamente auto prodotto dalla registrazione all’artwork, mettendo in evidenza il grande impegno ed il grande lavoro di Ettore Rigotti che, grazie ad un corso di tecnico del suono seguito in precendenza, si occupa sia della registrazione del disco, sia della musica in esso suonata, improvvisandosi batterista, tastierista, cantante e naturalmente chitarrista.
Nebularium è un concept album dove sogno, realtà e musica si incastrano alla perfezione l’uno dentro l’altro, completandosi ed integrandosi a vicenda e fornendo più immagini per descrivere lo stesso evento. Questo conflitto tra realtà e fantasia è evidente sin da subito nel libretto, dove in copertina una ragazza scalza, vestita con abiti leggeri è in piedi sull’orlo roccioso di un burrone fissando il vuoto: se nei testi il viaggio prosegue con un salto oltre li limite, in un turbine di emozioni distorte, nelle immagini viene comunicata la pace rilassata della ragazza che sogna nel suo letto.
L’artwork del disco è opera dell’ex bassista della band Marco Corti e rappresenta il lato cosciente del viaggio onirico raccontato dai testi; un viaggio che inizia con un passo oltre il limite del burrone con
Intro DM, e si snoda attraverso vari episodi con una notevole rapidità, fluttua tra le sensazioni ovattate di
Blue Lake, si butta a capofitto tra esperienze allucinate come quelle di
Burning Cells che parla dei postumi del sabato sera, o di Mechanichell, che descrive la vita come una serie di ingranaggi che stringono l’uomo in una morsa di un ingranaggio impazzito, riflette sul significato delle cose, dialoga con il demiurgo e poi si risveglia.
La musica dei Disarmonia Mundi è un death melodico abbastanza tecnico, molto particolare e curato in ogni suo aspetto, tanto da far azzardare talvolta la parola ‘prog death’. Senza spingersi a definizioni così eccessive, non si può non rimanere stupiti davanti all’esordio del quintetto torinese e davanti alla varietà ed alla freschezza delle loro canzoni. Qui le influenze musicali si fanno sì sentire, ma la loro presenza non è ingombrante come sarà per i lavori successivi; si possono trovare influenze di gruppi come Soilwork, In Flames, Terror2000 ed anche Hypocrisy, Centinex e Darkane per le fasi più “tirate”.
Le partiture sono particolarmente elaborate, con effetti e linee di strumenti sovrapposti che danno al suono una buona ampiezza e profondità. I brani sono mutevoli e camaleontici, soggetti a frequenti quanto inaspettati cambi di scena, con le linee vocali growl, pulite e qualche volta quasi scream di Benny Bianco Chinto, aiutati dai cori di Ettore Rigotti che tengono egregiamente la scena.
Di grande effetto e molto suggestivo è Intro DM, mentre ogni singola canzone merita la giusta attenzione; ogni singola canzone ha la propria personalità ed ha i mezzi e le doti necessarie per catturare l’attenzione dell’ascoltatore. Vi è l’impatto massiccio e cadenzato di
Blue Lake, il lato più tirato di Mechanichell, la parte più “soilworkiana” di
Guilty Claims, la rabbia esplosiva di Burning Cells, dotata di un cantato isterico che ricorda un po’ i primi Darkane, la bellissima
Demiurgo, con il suo intro quasi sognante ed il suo cambio improvviso di tempo, la title-track
Nebularium e la strumentale Awakening che annuncia con delicati arpeggi il risveglio dal sonno.
Ascoltato a posteriori, avendo quindi l’opportunità di confrontarlo con i due lavori successivi, si può notare come i primi
Disarmonia Mundi fossero perfettamente in grado di dire la loro anche senza l’ingombrante entrata nel gruppo prima come ospite, poi come membro effettivo, di Bjork “Speed” Streed, il famoso cantante di Soilwork e Terror2000.
Il disco, sebbene autoprodotto, è distribuito dalla Masterpiece Production, mentre è possibile ascoltare alcuni brani e demo dal sito ufficiale del gruppo.
Tracklist:
01 – Intro DM
02 – Blue Lake
03 – Mechanichell
04 – Guilty Claims
05 – Burning Cells
06 – Demiurgo
07 – Nebularium
08 – Awakening
Lineup:
Benny Bianco Chinto: Voce
Ettore Rigotti: Chitarra, Batteria, Tastiere, Voci
Simone Palermiti: Chitarra
Mirco Andreis: Basso