Recensione: Necropolis
Nel mondo metal, alcuni avvenimenti sono del tutto incomprensibili. Uno di questi è che la maggiore label indipendente del settore, in pieno delirio da revival death metal dopo anni di deriva su generi più reddit… “popolari”, metta sotto contratto un gruppo storico in piena crisi.
È anche vero che bisognerebbe controllare se il disfacimento della line-up dei Vader sia avvenuto appena prima o appena dopo la firma del contratto, ma sono inezie: come per le squadre di calcio o le banche, anche una label dovrebbe sondare il terreno prima di iniziare una partnership, no?
Suggerimenti di mercato a parte, è il risultato ad essere sconfortante. I Vader, dopo decenni di dischi solidi e sempre accattivanti, tornano infatti nei negozi con un album piatto, gradevole come oggi è un qualsiasi gruppo death, alla lunga noioso e poco ispirato. Le soluzioni sono sempre quelle, e il fatto che Peter sia l’unico compositore non aiuta certo ad aumentare le carte nel mazzo; i nuovi strumentisti fanno il loro lavoro, seguendo pedissequamente le direttive del cantante, senza distinguersi minimamente. Insomma, potrebbe non essere cambiato nulla nella formazione, ce ne accorgeremmo a stento. Alcuni tocchi semi-melodici sono di sicura classe, ed è del resto la scuola che tiene a galla Necropolis: gli assoli, soprattutto, hanno sempre quel gusto preso un po’ dal thrash, un po’ dall’heavy, che fa brillare il death europeo di fronte a quello di oltreoceano. Ma è un po’ pochino, se consideriamo che stiamo parlando di canzoni, e non si riesce a citarne nemmeno una, non trovate?
Proviamoci, allora: per esempio con We Are Horde, che parte interessantemente groovy e rocciosa, per poi continuare con buoni passaggi veloci e cadenzati; con Blast, 1 minuto e 50 di aggressione tanto pura quanto banale; con l’ultima When the Sun Drowns in Dark, che finalmente mette sul piatto un po’ di atmosfera ed è forse il pezzo più personale del disco, anche se sempre condita di soluzioni tanto semplici da risultare quasi risibili. Il resto annega nel già sentito, senza mostrare nemmeno un momento che rimanga davvero, come succedeva per Black to the Blind, Litany, lo splendido MCD The Art Of War o anche il recente Impressions in Blood. Nemmeno il tentativo di inserire “atmosfere sulfuree” (brrr!) con intermezzi fatti in 5 minuti coglie nel segno.
Un’uscita del tutto trascurabile quindi, banale sin dal titolo e dalla cover, e che verrà sicuramente seguita dal solito codazzo di EP, live e magari un bel DVD, l’ennesimo. Ormai i Vader stanno al death metal come l’Ikea sta all’arredamento: sai cosa offrono, ogni tanto ci trovi qualcosa di eccellente, il più delle volte ti accontenti. Se non fosse che il rapporto qualità/prezzo, coi CD, è ben più svantaggioso… ed è per questo che, nonostante sia tecnicamente a posto, non possiamo dare la sufficienza a un gruppo che dovrebbe guidare la scena. Ancora oggi.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
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Tracklist:
1. Devilized 03:19
2. Rise Of The Undead 03:52
3. Never Say My Name 02:01
4. Blast 01:50
5. The Seal 02:10
6. Dark Heart 02:59
7. Impure 03:40
8. Summoning The Future 01:05
9. Anger 02:14
10. We Are Horde 03:10
11. When The Sun Drowns In Dark 07:06