Recensione: Necrosis
Se trascuriamo la parentesi aperta qualche anno fa e subito richiusa con i Cadaver Inc. possiamo dire che Apollyon e compagni ritornano ufficialmente sulle scene dopo oltre un decennio di silenzio, per la gioia di quanti avevano apprezzato il primo Hallucinating Anxiety ma soprattutto il ben riuscito …In Pains.
Aver supportato icone del calibro di Morbid Angel ed Extreme Noise Terror sembrerebbe aver giovato non poco allo stile dei Cadaver, che, in tutta verità, quando mi sono scivolati tra le mani, diverso tempo fa, non mi hanno particolarmente entusiasmato, lasciando che a trovare la forza e il tempo di recensirli ci pensasse un overdose di sopportazione unita all’ineludibile necessità di adempiere ai miei oneri personali.
In tutti questi anni devo infatti ammettere di non aver avvertito in maniera così marcata la lontananza dalla scena della band norvegese che con quel suo grezzo modo di comporre, piuttosto semplicistico, molto diretto, ha sempre puntato tutto su un devastante impatto iniziale, lasciando poi che con gli ascolti successivi, all’interno delle canzoni, non vi si trovasse più nulla che dovesse essere comunicato e per il quale valesse la pena di ripigiare nuovamente il tasto play, una volta che il cd avesse smesso di girare nel lettore.
In tal senso questo Necrosis non è certo un passo in avanti al riguardo. Da allora poco è cambiato: il loro metal è rimasto il death putrido e ferale degli esordi, scandinavo, dalle tinte spesso brutali, talvolta thrasheggiante e dai richiami persino black, marcio sino all’osso, improntato su strutture alquanto lineari e ripetitive, …eppure ascoltandolo con attenzione vi si scorge qualcosa.
Già, poichè l’impellente necessità di originalità, propria di chi ha saturato la pazienza a forza di sentire gruppi l’uno fotocopia dell’altro, si va sbriciolando, seppur lentamente, di fronte alla passione che trasuda dalle nove tracce in questione, capaci di portare a muovere quel pesante “piedino” che pure di quei riff ne ha sentiti tanti, forse troppi, tutti molto potenti e tutti tristemente simili.
Però stavolta, no. Perché stavolta c’è qualcosa di diverso, qualcosa in più che riesce a permeare il nostro spirito critico riuscendo a persuaderlo da un’apparentemente scontata stroncatura per mancanza di idee: l’inossidabile convinzione con la quale i nostri suonano, la loro ferma determinazione, il loro amore per un genere ormai stantio, obsoleto, polveroso e quant’altro volete, che però ha segnato in maniera indelebile l’esistenza del riformatosi quartetto, portandolo ad essere volutamente rudimentale, quasi a voler contrastare certe correnti tecnicistiche attuali, alquanto innovative, dalle quali invero il death sembra trarre, negli ultimi anni, una linfa decisamente vitale.
Ecco quindi che dopo 12 inverni passati nel più profondo letargo si sveglia quel vecchierel, ormai canuto e bianco, e mòvesi con agilità e sicurezza invidiabili in un nuovo millennio pieno di insidie: tra le tentazioni offerte dai più svariati trend e le critiche per una coerenza stilistica eccessiva (leggasi: immobilismo artistico, ndA.) i Cadaver proseguono dritti per la loro strada, continuando a seminare morte lungo il percorso, ignorando tutto ciò che non provenga direttamente dalla loro voglia di divertirsi e divertire suonando: poco importa che si tratti di sonorità abusate quando è la passione a guidare la musica.
Emilio “ARMiF3R” Sonno
Tracklist
1. Necro as Fuck
2. Decomposed Metal Skin
3. Evil is Done
4. Odium
5. Awakening
6. Goat Father
7. Unholy Death
8. The Etching Cleanser
9. Heartworm