Recensione: Need To Believe
Altro giro, altro regalo.
È ormai diventata un’abitudine, quella di attendere doni preziosi e nuove ricchezze, ogni qualvolta il nome Gotthard si riaffaccia orgoglioso sulle scene.
Una tradizione inaugurata nel 1992 con mirabile bontà artistica che, lungo l’arco di tempo intercorso sino a questo nuovissimo “Need To Believe” – diciassette anni e nove album da studio – non ha praticamente mai tradito le attese dei fan, divenuti intanto sempre più numerosi ed affezionati tanto da tramutare quella che – in origine – era una semplice gloria nazionale d’oltralpe destinata a soli conoscitori, in una delle più significative, importanti e seguite rock band del continente europeo.
Attese mai sconfessate per un credo musicale inflessibile – di rado contaminato da scampoli modaioli – e stabilmente devoto alla radice primaria del gruppo elvetico. L’hard rock.
“Need To Believe”, con sommo gaudio e soddisfazione, giunge a perpetuare questa gloriosa consuetudine, alimentando la fama di un nucleo di musicisti di sommo valore che solo il mercato americano si ostina ad ignorare, a conferma, senza possibilità di smentite, di tutto quanto di buono si è detto sinora nel descrivere i Gotthard nel corso degli anni.
Una band di classe superiore, solida, tenace ed appassionata, con un eccellente istinto melodico, dotata di songwriting brillante, ottima qualità dei singoli, e soprattutto, belle canzoni.
Canzoni che, come di consueto, contribuiscono in massima parte nel rendere il nuovo capitolo del rock “made in Switzerland”, cosa speciale e di fascino assoluto, ennesimo tassello di una carriera senza macchie e ricca d’onore.
Già pronto con “Shangri-La”, gustosissima opener, il primo colpo da maestri di una tracklist prodiga di sorprese. Quanto Lee e Leoni abbiano voluto rendere omaggio ai leggendari Led Zeppelin, è aspetto dichiarato sin dalle prime note, ma è con il ritornello, aperto, solare, pieno d’enfasi e gioia di vivere, che l’atmosfera si fa rovente, accendendo la miccia delle emozioni con un brano semplicemente trascinante. Piena Gotthard – mania con le seguenti “Unspoken Words” e “Need To Believe”. Armonie caratterizzate da chitarre di fuoco, conducono a cori da capogiro, di quelli capaci di modificare il clima di una giornata uggiosa, mutando le nuvole in cieli sereni.
Ascoltando poi l’incedere delle entusiasmanti “Unconditional Faith”, “I Don’t Mind” e “Break Away” è semplicemente impossibile per un amante del caro, vecchio, adorabile e strafottente hard rock, non provare un moto di soddisfazione irrefrenabile, assecondando un pensiero spontaneo ed un po’ irriverente. Solo i Whitesnake e pochi altri, sono stati in grado di far volare in alto in questo modo, grandi melodie, miste alla pura virilità rock. E forse il serpente bianco, ha definitivamente trovato il suo erede…
Parlare di “Don’t Let Me Know”, è invece un semplice esercizio dialettico. La splendida abilità del gruppo nel comporre slow da “sogno” è, infatti, cosa conosciuta da tempo.
Passionalità ai vertici assoluti ed atmosfere di grandissima forza emotiva, confermano per l’ennesima volta questa caratteristica specifica, regalando agli estimatori un’altra perla da aggiungere alla collezione delle migliori ballate della band.
Si rifiata un po’ con “Right From Wrong”, episodio di minor impatto nonostante un’attitudine esuberante e cori da “stadio”, ottimo per condurre ad un ulteriore highlight del disco.
“I Know You Know”, rocciosa, ruvida e con il consueto refrain irresistibile, non lascia dubbi sulla ritrovata anima rock degli svizzeri, inaugurando la parte finale dell’album con una linea melodica nuovamente affine ai Led Zeppelin ed uno Steve Lee in forma spettacolare, in grado di centrare note altissime pur senza smarrire un’oncia in espressività e calore.
L’urticante “Rebel Soul”, traccia da headbanging forsennato nel riff centrale e nel solito – immancabile – coro da cantare a squarciagola e le gradevoli orchestrazioni di “Tears To Cry”, chiudono il sipario, mandando i titoli di coda su di un album che, come da copione, non tradisce le attese, confermando i cinque elevtici al vertice assoluto della categoria.
In eccellente forma, perfetti in ogni aspetto, aiutati da una produzione inappuntabile e con una rinnovata verve “hard” che non sentivamo tanto presente dai tempi di “G”, i Gotthard versione 2009 si confermano band di punta nella ristretta cerchia dei grandissimi interpreti del genere.
“Need To Believe” è l’ennesimo disco di enorme consistenza, candidato principe al titolo d’uscita dell’anno nel settore, ed ulteriore conferma della grandezza e dell’infinita classe di un gruppo che ha, in proporzione con la bontà del proprio lavoro, raccolto sempre molto meno di quanto meritato.
Nell’attesa che anche scenari sinora insensibili alla bravura dei ticinesi si destino e provvedano a tributare i gusti onori, noi fortunati, godiamoci dunque “Need To Believe”, nuovo centro pieno in una discografia dai contorni ormai leggendari di una band semplicemente unica.
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Tracklist:
01. Shangri-La
02. Unspoken Words
03. Need To Believe
04. Unconditional Faith
05. I Don’t Mind
06. Break Away
07. Don’t Let Me Know
08. Right From Wrong
09. I Know, You Know
10. Rebel Soul
11. Tears To Cry
Line Up:
Steve Lee – Voce
Leo Leoni – Chitarra
Hena Habegger – Batteria
Freddy Scherer – Chitarra
Marc Lynn – Basso