Recensione: Negative Atonal Dissonance
Secondo lavoro in studio per la one man band MRTVI. Damjan Stefanovic è il protagonista di questo progetto, il cui sound è definibile come black metal, andando però oltre i limiti del genere stesso. Parliamo di influenze industrial, un avanguardismo che si fa via via molto dissonante, psichedelico. Potremmo citare anche l’ambient, il più semplice rumorismo e le più cacofoniche sperimentazioni jazz.
Il full-lengthh è composto da tre pezzi. La prima traccia, interamente strumentale ed atmosferica, lascia poi spazio al bellicoso caos della propria seconda parte. Urla stridenti, suoni anticonformisti, follia che trasuda da una bolgia infernale e che si traduce in una babele di suoni e disordine. “Negative Atonal Dissonance” è lo sconvolgimento interiore che ci fa sentire tesi, vibrazioni che ci fanno tendere fin quasi a spezzarci. Immagini deframmentate nel subbuglio che abbiamo nell’istante in cui lo sconcerto si impadronisce di noi.
‘Negative Atonal Dissonance’ è la conferma di questo trend totalmente incontrollato, melodie e disarmonie ch si intrecciano, urla, vortice di suoni che ci spinge in parti inesplorate del nostro ego, fin quasi a perdere il senso dell’orientamento ed infrangersi sugli scogli dell’insensatezza. Genio o sregolatezza senza senso? Un album come questo non avrà un gradimento ampio, ma non crediamo sia questo ciò che cerca l’artista e in taluni casi può essere nota di merito, sia chiaro.
Il punto è un altro, cioè che in più momenti l’impressione è che si forzi la mano eccessivamente, quasi si volesse strafare nel voler essere “alternativi”, finendo con il perdere di significato. Non ne vogliamo fare una colpa a Damjan ma resta la perplessità per il semplice fatto di riempire l’album di elementi che paiono rumorismo più che musica in quanto tale, rischiando di perdere totalmente di vista l’organizzazione che deve comunque esserci per essere definita tale. Ombre e luci per un disco che ha in sé certamente idee innovative ma pare avere la logica di voler a tutti costi stupire senza poi aver alcun reale contenuto.
Stefano “Thiess” Santamaria