Recensione: Network
Mi risulta incomprensibile come un gruppo che ha alle spalle otto milioni di dischi venduti sia nel nostro paese snobbato se non paragonato alle nuove leve quanto a visibilità. Eppure la band canadese è da sempre impegnatissima sotto il profilo della comunicazione (e il titolo del nuovo album lo dimostra), oltre a vantare una carriera discografica costellata di successi.
E’ altresì vero che ultimamente la band aveva a dir poco affollato il mercato con uscite ravvicinate che hanno fatto sorgere non pochi dubbi sulla floridità della vena creativa di Crichton e compagni: nel solo 2003 uno studio album (Marathon), due inediti (Full Cirlce e Phase, Vol.1) e un DVD live (All Areas – Live in Bonn 2002) hanno onorato il contratto con la SPV talmente bene da conciliare la prolificità – ben supportata dall’attitudine a rielaborare vecchie sonorità in termini di progressione, psichedelia e tecnologia, attitudine che vale alla band un prestigioso endorsement Korg – con il rinnovato interesse da parte del mercato europeo per i classici del pomp/prog.
Il nuovo album non ha attese da deludere, e grazie al clima di rilassamento generale che deve aver avvolto i nostri, il risultato è decisamente ispirato, sciolto e coinvolgente. Gran parte del merito va, a mio modo di vedere, alla produzione, così magniloquentemente eighties da riportare alla mente paladini del pomp e dell’art prog come Asia, Styx e Kansas, senza però occultare con inutili ampollosità le parti più energiche, come il drumming di Christian Simpson, proveniente dalla scena avantgarde in sostituzione (sembrerebbe temporanea) di Steve Negus, o come il riffing di Ian Crichton. Proprio quest’ultimo arriva a far pensare ai Van Halen nell’aggressiva “Keep It Reel”, melodic metal allo stato puro, ben congegnata anche in fatto di posizione in tracklist: segue infatti direttamente la sognante opener “On The Air”, ovvio highlight come vuole la tradizione anni ’80.
Vive una nuova gioventu anche la voce di Michael Sadler, sugli scudi per tutta la durata del disco con una prestazione ricchissima di feeling, e in grado di barcamenarsi tra i pezzi più diretti, come il travolgente refrain di “I’m Back”, e le ballad; in “If I Were You” regala brividi, mentre in “Believe” esplode al momento dell’elettrificazione dopo una struggente intro piano/voce che ripercorre l’intero album riproponendo alcune melodie già ascoltate. Vi rapirà la progressione della conclusiva “Don’t Make A Sound”, anche se necessaria di qualche ascolto in più, mentre un po’ al di sotto della media restano l’anonima “Outside Looking In”, e la deboli “Live At Five”. Si candida, invece, a miglior brano il pomp prog rock di “Don’t Look Now”, il cui stile avvolgente e coinvolgente sembra ricordare addirittura alcune soluzioni care al metal prog melodico dei Kamelot.
Chiudo dicendo che il disco è l’ennesimo must di una serie infinita per chi è affezionato alle sonorità maestose ed emozionanti del genere in questione, ed è l’ennesima occasione che ho per far conoscere questa band spesso bistrattata agli amanti degli act più blasonati che ho citato.
Tracklist:
- On The Air
- Keep It Reel
- I’m Back
- If I Were You
- Outside Looking In
- Don’t Look Now
- Live At Five
- Back To Where We Started
- Believe
- Don’t Make A Sound