Recensione: Nevena
La cantante e pianista serba Nevena Dordevic arriva al debutto assieme all’etichetta Frontiers con un self-titled album. Un’occasione dovuta all’interessamento del mastermind dei Big Deal, Srdjan Brankovic, grande fan della cantante balcanica e suo pigmalione nei confronti dell’etichetta partenopea.
“Nevena”, propone un contemporaneo light rock melodico con un tocco molto femminile e pop tipico di quelle interpreti che dagli anni 2000 in poi hanno popolato le nostre autoradio, ma con qualche sapiente inserimento che sfuma nel dance pop / synth. Nelle composizioni si evidenza l’inserimento di una buona quantità di quegli espedienti tipici dei tormentoni commerciali anni ’80 (vocoder ed altri tipi di effetti elettronici) che vi ricorderanno approssimativamente Talk Talk, Pet Shop Boys o Dead Or Alive…
Un album sicuramente dedicato ad una vasta audience, omnicomprensiva di famiglie con bambini, che permette a Nevena di far spiccare le sue notevoli doti di musicista (avviata alla carriera sin dalla tenera età) e divenuta celebre tra le finaliste di “First Voice Of Serbia”.
Un’artista malleabile che in patria si è distinta per la capacità di spaziare in numerosi campi, dal musical al jazz, portando nella sua musica anche l’esperienza maturata durante gli anni di studio al Berklee College of Music di Boston.
“Nevena” risulta tuttavia un’opera strutturata in maniera piuttosto standardizzata per un disco di questo tipo, con una serie di canzoni più rockeggianti come il singolo “Bad Sun Rising” o “Bulletfproof“, “Fire in Me”, “Veil On the Mirror” volte a dare energia, alternate ad altri classici motivetti che solitamente vengono acclusi alla voce aor.
È il caso di “Too Late”, “Writer’s Block” che si differenziano per farti venire quella classica voglia di canticchiare. E all’immancabile ballad dal titolo “Miracles” che fa una sostanziale differenza per la bella introduzione al piano, in cui spicca la voce calda e in grado di emozionare il pubblico della Dordevic.
Lavoro finemente rifinito dalle mani del produttore Mike Palace, che fornisce la totalità degli strumenti ad eccezione – chiaramente – del pianoforte e di alcune backing vocals. Un valore aggiunto che in virtù della capacità di amalgamare gli elementi tipica dell’artista svedese, vale da solo il prezzo del biglietto.
Un esordio perfettibile che concentra il meglio nella parte iniziale della scaletta, perdendo un po’ di slancio nelle battute conclusive decisamente più stereotipate e canoniche.
Piacerà ai fan di Issa, delle melodie facili e dell’AOR più light ai limiti del pop.
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