Recensione: Never Enough Snuff

Di Marco Donè - 7 Gennaio 2022 - 15:48
Never Enough Snuff
Band: Abramelin
Etichetta: Petrichor
Genere: Death 
Anno: 2021
Nazione:
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80

A distanza di ben vent’anni dal loro ultimo vagito tornano in pista i deathster australiani Abramelin, e lo fanno in un modo particolare. Sì, perché la loro nuova fatica, intitolata “Never Enough Snuff”, è stata pubblicata come autoproduzione nel corso del 2020, per essere poi ristampata dall’attivissima label olandese Petrichor nel corso del 2021. Per chi non conoscesse gli Abramelin, possiamo dire che i Nostri sono delle autentiche leggende della scena estrema australiana, visto che hanno mosso i primi passi nel 1988. All’epoca si chiamavano Acheron. Il cambio moniker risale al 1994 quando, molto probabilmente, l’allora quartetto venne sedotto dalla figura del mago Abramelin e dal grimorio a lui intitolato. Quello che sorprende di “Never Enough Snuff” è come l’album sia praticamente passato inosservato: un vero peccato mortale, visto che ci troviamo al cospetto di uno dei dischi più affascinanti usciti negli ultimi anni, in ambito death metal. Con “Never Enough Snuff” gli Abramelin confezionano un piccolo gioiellino del mondo estremo, in cui le anime death metal old school della scena europea e americana vengono sapientemente fatte convivere e mescolate a qualche apertura contemporanea, soprattutto in chiave solistica. L’album si apre con la title track e bastano i primi passaggi della canzone per venire completamente rapiti dal sound degli Abramelin. Le chitarre hanno un ruolo chiave nell’economia del disco e vengono valorizzate dalla produzione, potente e al passo con i tempi. Il lavoro svolto dalle due asce – Tim Aldridge e Matt Wilcock – è superlativo, con dei riff che rappresentano l’essenza del death metal: taglienti, pesanti, cupi, trascinanti. Quando poi i Nostri decidono di pigiare sull’acceleratore, i riff diventano autentiche frustate spezza collo. La solistica è altrettanto efficace, con i due chitarristi che esibiscono ottime doti tecniche, buon gusto per le melodie e una pulizia di esecuzione maniacale. Il tutto viene poi supportato da una sezione ritmica martellante, pronta a valorizzare l’operato di Aldridge e Wilcock, in cui spicca la prestazione alle pelli di David Haley, batterista che non ha certo bisogno di presentazioni. I cinquanta minuti che compongono “Never Enough Snuff” scorrono via con vero piacere, in un continuo cambio di tempi e atmosfere, in cui passiamo dagli assalti frontali scanditi da blast beat devastanti, a rallentamenti neri come la pece, per poi pestare nuovamente duro con aperture dal retrogusto thrash. E tutto questo avviene senza mai dimenticare l’importanza della melodia, una melodia che non va assolutamente a ridurre la botta dell’album ma che, anzi, lo aiuta a durare nel tempo, ascolto dopo ascolto. Non ci troviamo al cospetto di un lavoro incentrato sull’impatto fine a sé stesso, come spesso accade a molte death metal band negli ultimi tempi, con “Never Enough Snuff” gli Abramelin confezionano un album che sa sì pestare – stiamo parlando di un disco death metal, sia chiaro – ma che non si limita solo a questo: è un disco che sa coinvolgere l’ascoltatore dalla prima all’ultima nota, tanto che arrivati alla fine dell’ascolto, la voglia di premere di nuovo il tasto play è irrefrenabile. Se proprio volessimo trovare un difetto a “Never Enough Snuff” il dito verrebbe puntato alla voce di Simon Dower che, sebbene regali una prestazione di livello, in alcuni passaggi dell’album non riesce a incidere a dovere. Stiamo parlando di un’inezia su cui possiamo tranquillamente soprassedere, ma che dobbiamo riportare in sede di analisi. Poc’altro da dire, se non che “Never Enough Snuff” è un disco da avere, un lavoro che saprà far felici i deathster più puri, ma che risulta in grado di coinvolgere anche chi non è avvezzo al genere, un po’ come hanno fatto i mostri sacri del passato. Una piccola lezione di cosa voglia dire suonare death metal, con le iniziali maiuscole, nel 2021. Bentornati Abramelin!

Marco Donè

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