Recensione: Never Surrender
Il ruggito di una belva, il riff che si scatena, la doppia cassa squarcia l’etere: è l’attacco alla giugulare dei Deströyer 666 eseguita con l’arma tellurica intitolata ‘Never Surrender’. Cioè, l’opener nonché title-track del sesto full-length del poderoso combo australiano (ora di stanza a Londra).
Provenienza geografica che, come da storia e tradizione, segna formazioni il cui genere è di difficile classificazione, tenuto conto che la miscelazione dei generi stessi è ivi all’ordine del giorno. Tutto più facile per i Nostri, eccezione che conferma la regola. Accomunati da certa stampa specializzata al black (?) e al thrash (?), i Deströyer 666 rappresentano, invece, l’incontenibile quanto pura bellezza dell’heavy.
Metallo pesante, rutilante, travolgente ma dannatamente heavy. Senza fronzoli, senza compromessi. Heavy del ventunesimo secolo, ovviamente legato a doppio filo con il primigenio heavy metal ma sviluppatosi in modo a sé stante. Mantenendo intatti, entrando nel dettaglio, i dettami di base della forma arcaica, nessuno escluso, tuttavia ripulendoli dalla ruggine per renderli affilati come la lama di un rasoio. Nuovo.
K.K. Warslut, con la sua ugola scabra, è l’ideale nonché feroce condottiero di una divisione corazzata sul campo di battaglia. Pur’anche chitarrista, egli svolge con inusitata maestria il maneggiamento dell’ascia da guerra. Scatenando fiondate di riff roventi cui è impossibile resistere per non scapocciare in solitaria o, meglio, in compagnia. E, accanto alla parte ritmica, emerge tanto inaspettata quanto pregevole la sezione solista, nella quale lo stesso Warslut è artefice di melodici e penetranti assoli al calor bianco. Quello del metallo fuso. Davvero un personaggio pregno di passione per ciò che suona e, anche, dotato di un sano talento che mette a profusione nelle canzoni. Ma non solo lui, giacché i Deströyer 666 odorano di gente esperta, con alle spalle un retroterra culturale assai esteso nelle due dimensioni planari.
Ottimo, e fa piacere ribadirlo, il groove. Dai contorni perfettamente disegnati, lo stile del trio australe si mostra certamente non originale ma assai personale. Adulto, figlio di un approccio totalmente professionale alla questione, si fa strada con facilità fra le miriadi di gruppi similari. Occorre sempre sottolineare che si tratta di una forma di heavy possente, senza cali di tensioni, senza brani rammolliti o scipiti.
“Never Surrender” è difati un concentrato di watt erogati in abbondanza, in numero talmente elevato da far pensare, questo sì, allo speed o all’US power. Fogge artistiche tirate fuori dalla notte dei tempi per cercare di spiegare il motivo per il quale c’è la tendenza ad assimilare i Deströyer 666 a un act di metal estremo. Fattispecie che, oramai è chiaro, non è.
Le canzoni, come accennato, non lasciano prigionieri. Fra micidiali chorus come quello della ridetta ‘Never Surrender’, e titanici cori anthemici – vedasi ‘Savage Rights’ – , il platter scorre via con fluidità, nel rispetto costante e minuzioso di un sound che entra immediatamente sotto la pelle. Se proprio si vuole trovare qualcosa di forte allora tocca a ‘Rather Death’, song in cui l’aggressività di Warslut & compagni raggiunge e oltrepassa il livello di sicurezza. Headbanging assicurato per ‘Guillotine’, dal ritornello stentoreo, potenziato dai riottosi cori cui contribuisce il bassista Felipe Plaza Kutzbach. E, infine, per menzionarne ancora una, ‘Andraste’, dal tono drammatico, addirittura epico, si potrebbe dire senza timore di essere smentiti.
Heavy? Sì! Heavy? Sì! Heavy? Sì! Heavy? Deströyer 666!
Daniele “dani66” D’Adamo