Recensione: Never Too Late

Di Francesco Maraglino - 11 Novembre 2012 - 0:00
Never Too Late
Band: Jimi Jamison
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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85

Per i die-hard fans dell’AOR, Jimi Jamison non ha certo bisogno di presentazioni, trattandosi di uno degli artisti che hanno fatto la storia del genere musicale in questione.

La maggior parte del pubblico ricorda Jamison soprattutto quale frontman dei Survivor, una delle formazioni che hanno definito i canoni del “rock adulto” e regalato pagine indimenticabili di musica armonica e cromata; ma il vocalist, che prima dell’esperienza con la band di Burning Heart – alla quale, tra l’altro, è tornato a prestare la propria ugola dal 2011 – aveva militato pure in Target e Cobra, ha messo a segno anche diversi colpi da maestro come solista, tra i quali, nel 2008, quel Crossroads moment in cui il nostro si era ricongiunto, artisticamente parlando, proprio con un certo Jim Peterik (anch’egli già militante nei Survivor ed oggi impegnato ad alimentare magistralmente la fiamma dell’AOR con i suoi formidabili Pride Of Lions).

Con il nuovissimo “Never Too Late”, Jimi non replica, però, il team-up con il suo antico compagno d’armi, ma si affida  alle sapienti (ed indaffarate) mani di Erik Martensson (W.E.T., Eclipse), con il quale le strade si erano già intrecciate in occasione del ticket “Jamison-Kinball” dello scorso anno.

E se qualcuno, a questa notizia, può preoccuparsi di un eventuale accostamento di Never Too Late a certo (peraltro pregiato) contemporaneo scandi-rock, diciamo subito che songwriting ed arrangiamenti qui si forgiano e si modellano sulla storia e sulle caratteristiche dell’artista titolare, risultando a tutti gli effetti un bella fetta di american music.

Un esempio? La conclusiva Walk On (Wildest Dreams), rocker dalla purissima melodia ma contenente ben evidenti tracce di blue collar rock.

Certo, rispetto ad altri lavori del cantante statunitense, si registra in Never Too Late una maggiore accelerazione su toni heavy, sicuramente retaggio di Martensson: Street Survivor, ad esempio, introdotta da organo e vocoder, è una traccia AOR  trafitta da bordate di  chitarre hard e da  brevi, fulminanti e brucianti assoli d’ascia.

Pure Calling The Game è un hard rock/AOR dinamico e scattante, e fulgidi esempi di melodic-rock grintoso ed avvincente, forgiato in armonie purissime e cristalline, sono pure Everybody’s Got A Broken Heart, Bullet In The Gun, The Great Unknown e soprattutto Never Too Late. Quest’ultima, infatti, pur iniziando come slow, si sviluppa poi in un pressante rocker in stile Survivor orgogliosamente melodico ed ingemmato da un pregevole assolo della sei-corde di Magnus Henriksson.

Non mancano (e come potrebbero?) i momenti più soffici ed atmosferici, a partire dall’elegante e sinuoso soft-rock di Not Tonight, dal ritornello contagioso e corale ancor più nobilitato da eleganti sfumature black, per arrivare, passando dalla cadenzata e fiera semi-ballad I Can’t Turn Back, ad epiche e commoventi power-ballads come The Air I Breathe e soprattutto Heaven Call Your Name.

Tutti brani i quali suggellano un lavoro discografico che costituisce un must imperdibile per chi ama il rock melodico, magari privo di sorprese e novità stilistiche di rilievo, ma inequivocabilmente traboccante di maestria, classe e passione.

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Line Up:

Jimi Jamison – Voce solista
Erik Mårtensson – Chitarra ritmica e solista, basso, tastiere e cori
Magnus Ulfstedt – batteria
Jonas Öijvall – Hammond B3, Piano e sintetizzatori
Magnus Henriksson – Chitarra solista in “Street Survivor” e “Heaven Call Your Name”

Tracklist:

  1. Everybody’s Got A Broken Heart;
  2. The Great Unknown;
  3. Never Too Late;
  4. I Can’t Turn Back;
  5. Street Survivor;
  6. The Air I Breathe;
  7. Not Tonight;
  8. Calling The Game;
  9. Bullet In The Gun;
  10. Heaven Call Your Name;
  11. Walk On (Wildest Dreams).

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