Recensione: Neverland

Di Mauro Gelsomini - 7 Dicembre 2009 - 0:00
Neverland
Band: Los Angeles
Etichetta:
Genere:
Anno: 2009
Nazione:
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65

A due anni di distanza dal debut omonimo anche il progetto Los Angeles, fortemente voluto da Michele Luppi, torna alla ribalta con un sequel acclamato, quasi a ribadire che per il nostro la dimensione AOR/Melodic Rock è più congeniale rispetto a quella più propriamente Metal ascoltata con Killing Touch, non all’altezza delle aspettative di chi aveva ammirato Luppi nel genere nella sua parentesi Vision Divine.

Michele porta avanti i due progetti in maniera indipendente, e seppure molti sono i punti di contatto, probabilmente il target sarà d’accordo principalmente sulla voce del singer, che come spesso accade in campo Hard’n’Heavy, si ama o si odia.
Sottolineando il fatto che sono indubbie – e non certo nuove – le capacità tecniche di Luppi, gli spunti di discussione sono suggeriti dagli aspetti stilistici di un prodotto che voleva e vuole tributare omaggio a quello che per Michele è l’amore di sempre, musicalmente parlando: l’AOR.

Migliorata la produzione che aveva condizionato il primo album, “Neverland” insiste sulle sonorità patinate e cristalline che avevano decretato il successo del suo predecessore, incrementando dove possibile il mood accattivante della forma canzone tipica di act come FM e House Of Lords, con un risultato immediato e un approccio che non fa prigionieri.

Coadiuvato da un songwriter che ricopre anche i ruoli di produttore e bassista come Fabrizio Grossi (Glenn Hughes, From the Inside, Vertigo, ecc.), Luppi si impegna nella composizione maggiormente rispetto al passato, forte dell’esperienza degli altri attori di “Neverland”: Eric Ragno (China Blue), Joey Sykes (Hugo), Roberto Priori, Tony Morra, l’ex chitarrista dei Dokken George Lynch (che compare su “Nowhere to Run”), Tom e James Martin (Khymera, Sunstorm, House of Lords) co-autori di “Wait for You” e “Tonight Tonight”, oltre all’onnipresente Tommy Denander.

Da incorniciare la cover “Nothing To Hide” di Richard Marx, grazie alla quale i nostri propongono di riscoprire a quanti già non avessero il piacere di conoscerlo un disco di repertorio come “Paid Vacation”, del 1993.

Sebbene tutti i brani risultino sapientemente confezionati, per chi scrive è l’indurimento – fisiologico per la timbrica di Luppi – del cliché AOR a lasciare qualche ombra sul giudizio finale. Gli acuti a ultrasuoni disseminati, per fortuna non troppo densamente, nei vari brani, risultano decisamente fuori luogo, dettati forse da esigenze legate al seguito cui Michele deve rendere conto, oltre che a smanie esibizioniste figlie di una cultura tutta italiana. Qualche piccola sbavatura (cfr. il primo acuto sul finale opener “Neverland”, calante nella chiusura) facilmente evitabile in fase di editing, fanno abbassare ancora di qualche punto il valore complessivo di un album che deve comunque essere visto come una valida referenza per il melodic rock nostrano all’estero.

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Tracklist:

  1. Neverland
  2. Nothing To Hide
  3. City Of Angels
  4. Promises
  5. Wait For You
  6. Nowhere To Run
  7. Tonight Tonight
  8. Higher Love
  9. Living Inside
  10. Welcome To My Life
  11. Paradise

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