Recensione: New born day
Era da tempo immemore che dal Belgio in campo hard’n’heavy non usciva più niente d’interessante, ovvero da quando l’intraprendente Mausoleum records ha cessato d’esistere inghiottita nel nulla da gravi problemi finanziari. Ma nonostante tutto, la scena underground è stata sempre in continuo fermento, e devo ammettere che qualche anno fa mi erano arrivati dei timidi sussulti da parte dei Tragic Kingdom prima e dei Native Instinct poi, ma era stato proprio il demo dei Montany “The evermore” ad attrarre maggiormente la mia attenzione, una band che, nonostante la giovane età, lasciava già presagire un futuro più che roseo. Ma giuro che mai e poi mai mi sarei aspettato di ritrovarmeli dopo qualche mesetto al debutto ufficiale e per giunta sotto l’ala protettrice del magnate Limb Schnor, il quale da vecchio volpone ha subito fiutato le potenzialità in possesso dai nostri, e dopo averli affidati alle cure del producer Uwe Lulis (ex ascia dei Grave Digger), stà cercando di lanciarli
nell’olimpo dei nomi che contano.
Beh, sicuramente la cura Lulis ha indubbiamente giovato ai nostri che, rispetto al pur valido demo di debutto, mettono in mostra una ragguardevole crescita artistica sia a livello esecutivo che di songwriting tanto che mi sembra davvero innegabile ribadire che “New born day” ha tutti i numeri in regola per piacere. Un album intriso di melodie azzeccatissime dipanate su ritmi alquanto sincopati conditi da cori ricchi di gusto ed enfasi che saranno di sicuro graditi ai fans della cara vecchia scuola teutonica. Niente di trascendentale invece sotto il profilo del lavoro d’artwork ne tantomeno per le liriche che si muovono su ambientazioni fantascientifiche e sulle possibili relazioni che legano il popolo degli antichi egizi e gli extraterresti, come si evince nella terremotante “Come back from the sky”, un brano dotato di brucianti accellerazioni in doppia cassa con tanto di chitarre gemelle sdoppiate che sanno tanto di zucche d’Amburgo.
Da qui in poi le atmosfere cominciano a farsi sempre più inquitanti ed anche il suono s’indurirsce, anche s’è bene dire che i Montany non perdono mai di vista l’aspetto melodico della propria proposta musicale, così che la splendida “World of Dreams” risulta un coacervo di classic metal e dark sound vecchia maniera come nella migliore delle tradizioni NWOBHM di bands del calibro di Demon e Quartz. “Higher and higer”, la title track “New born day” nonché “Here in the light” sono un buon viatico per capire dove la band può arrivare, ma ad un mio giudizio personale l’alone di oscurità e misticismo che si respirano sulle note dell’intrigante “Pyramid of Cheopes”, brano dal sound e dagli arrangiamenti molto cari agli Angel Dust post reunion, rappresentano veramente l’apice qualitativo dell’intero platter.
Un disco privo di sbavature, intrigante ed avvincente allo stesso tempo, se poi pensiamo che si tratta solo di un debutto, beh non so cosa ci si potrà aspettare dai Montany fra qualche anno, complimenti.