Recensione: New Era pt 2: War of the Gods

Di Mattia Di Lorenzo - 28 Agosto 2007 - 0:00
New Era pt 2: War of the Gods
Band: Derdian
Etichetta:
Genere:
Anno: 2007
Nazione:
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72

Troghlor, tiranno della torre di Derdian, infatuato dai terribili poteri del dio dell’oscurità Mohzer, sta facendo strage nel Regno per eliminare tutti i suoi avversari. Il suo miglior generale, il “pio” Golstar, profondamente innamorato della Loren, un bel giorno dice basta: il suo re ha superato il limite, è ora di porre fine alla guerra e alla morte. Mentre Troghlor pensa al modo migliore per punire il suo sottoposto disertore e rapisce Loren, sullo sfondo si delinea la terribile “guerra degli dei”, tra Troghlor-Mohzer, e il noto dio della morte egiziano Anubi.
Come va a finire non lo svelo, se lo volete sapere vi tocca dare una bella ascoltata a questo nuovo lavoro della band milanese.

Vi sarete resi conto che si tratta di una storia fantasy… la solita, direte voi. Da un lato non vi si può certo dare torto: sembra proprio un’imitazione del buon Tolkien, già scopiazzato e parodiato più e più volte da milioni di scrittori, cineasti, musicisti. Per rimanere in terra nostrana e in ambito metal, il nome Rhapsody of Fire viene in mente subito, prima ancora di mettere il cd nel lettore, solo nel guardare la copertina e i titoli che la tracklist propone.
Se poi si va a guardare il debutto dei Derdian di un paio di anni fa, ci si rende conto che omaggiare i più famosi connazionali era la volontà nuda e cruda dei nostri giovani, in particolare un vecchio (capo)lavoro come “Symphony of Enchanted Lands pt.1”.

Ma oggi? Si può ancora liquidare i Derdian con poche parole di elogio a qualche melodia azzeccata, infilandoli nel calderone dei rhapsodofili?
In parte sì. Ma trarre conclusioni semplicistiche, in questo caso come non mai, sarebbe un grave errore per vari motivi. E in particolare tre:
1) Anzitutto perché i Rhapsody of Fire si solo evoluti, e non solo nel nome. Le maggiori possibilità economiche, la tanto discussa collaborazione coi Manowar, e, non ultima, una sana voglia di cambiare, hanno portato Turilli e soci verso nuovi lidi, molto vicini alla musica dei film epici (film-score metal), ma ormai lontana dalle vecchie sparate power. Le orchestrazioni si sono fatte sempre più curate e massicce, il sound è diventato sempre più pieno e barocco. Ma si è persa semplicità. È parecchio anche. Ecco dunque che la proposta dei Derdian assume valore anche come semplice imitazione del passato rhapsodiano. Perché il genere, seppur ormai un po’ logorato dagli anni e dagli abusi, è stato in parte tradito dagli stessi musicisti che l’hanno fondato; e un amante di “quel” sound in particolare, ha oggi tutto il diritto di cercare delle alternative.
2) Perché i Derdian, in particolare in questo secondo lavoro, dimostrano di avere una loro personalità peculiare, un loro modo di scrivere le canzoni, nonché diversi momenti di originalità che permettono di distinguerli da tutti gli altri. Come dire, emulazione sì, ma senza esagerare.
3) Perché il cd è bello, ben prodotto e ottimamente suonato, e tornerà nel mio lettore molto spesso, forse più di quanto non ci capitino, ultimamente, i tanto omaggiati maestri triestini. 

Ma ecco a voi le canzoni:
Si parte con un’introduzione strumentale/corale, come da buona consuetudine. Un po’ diversa dal solito, “Ouverture” presenta il tema musicale di una delle migliori canzoni dell’album, “The Hunter”. Per il resto c’è poco da dire. Bruttina, in realtà.
New Era” è la canzone-perno di tutto il concept fantasy creato dai Derdian. È il momento in cui Golstar si volge al bene, e si candida a vero Eroe della storia. Anche musicalmente la canzone non delude. Il ritornello è molto orecchiabile e immediato, i nostri non si risparmiano in velocità e potenza. Le caratteristiche originali Derdian di cui si parlava sopra, vengono messe qui immediatamente in mostra. Esse sono: una maggiore propensione verso il power classico e teutonico (Helloween, Freedom Call, Timeless Miracle in primis), uno spiccato gusto melodico e “cantabile”, soprattutto nei soli; lancetta del tachimetro un po’ più alta; e soprattutto, semplicità. Questo è sì metal sinfonico, ma è soprattutto musica che può essere suonata da un gruppo di sei persone. Senza cori di mille elementi, orchestre e quant’altro.
Betrayer”, quasi a voler apertamente contraddire quanto appena detto, è invece un episodio che salto a piè pari praticamente sempre. Il senso generale di plagio che si percepisce all’ascolto grida vendetta. Meglio soprassedere.
I Don’t Wanna Die” inizia con un riff molto strano, che non può non spingere a un sorriso: come non ricordare la più brutta canzone degli Helloween, “Mrs. God”? La citazione, voluta o meno, mi colpisce comunque favorevolmente: è una palese dimostrazione che i Derdian hanno in sé germi di novità. La canzone in sé è davvero bella, la mia preferita. La voce è quella di Loren, che, rapita dal maligno re, esprime il suo dolore, la sua paura, nonché l’amore per il suo bell’eroe. Linee musicali semplicissime, costruzione pulita e netta, senza alcun orpello. Lirismo sfiorato, traccia quasi toccante pur non essendo un lento.
Golstar’s Rage” scorre piacevolmente nell’indecisione continua tra gli spunti Rhapsodiani e l’ispirazione originale.
Why” è la ballad dell’album. Sicuramente più bella della sorella nel debutto (“Where I can fly”), è comunque solo discreta. Il ritornello è riuscito e abbastanza sentito, ma un po’ troppo protratto nella parte finale della canzone. Con un paio di ripetizioni un meno e con qualche leggera variazione qua e là, la canzone sarebbe stata di sicuro migliore.
Back To The Crystal”, tornando alle sonorità di “Anuby’s Call” e “The Crystal Lake”, mostra un retrogusto prog che non guasta affatto, pur essendo un po’ straniante nel contesto completamente power in cui è inserito. La strofa è molto Symphony X e parecchio riuscita; i soli assai interessanti e diversi dal “solito” afflato orchestrale e classicheggiante; solo il ritornello è poco azzeccato, troppo scontato e facile.
Immortal’s Lair” è un’altra canzone né carne né pesce. Non è questione di bellezza o bruttezza, di piacere o meno che si provi durante l’ascolto. È che episodi come questo sono oggettivamente un po’ confusi, tanto come modello compositivo, quanto come materiale usato. Insomma: Rhapsody o non-Rhapsody? È il terribile dilemma dei Derdian. E loro sembrano essere davvero indecisi su cosa fare a riguardo…
The Hunter” è, come già accennato, uno dei “top” dell’album. Accompagnata dal semplicissimo video, visibile da tutti appena inserito il cd nel computer, è una delle tracce più svincolate dai modelli della band, pur essendo a tutti gli effetti una tipica canzone “power sinfonico”. Molto “italiana” e con un timbro strano, la profonda voce di Henry Pistolese nei panni di Troghlor strappa qualche scettico sorriso. Ma l’incastro e lo scontro con le alte e pulite parti cantate da Joe Caggianelli, soprattutto nello stupendo ritornello, è qualcosa di irripetibile. Molto belli anche i soli. Dal video e da questa canzone in particolare, si nota l’aspetto “locale” della band, un po’ underground. Il tratto però è tutt’altro che negativo: ancora una volta, è la semplicità che traspare, e che differenzia i Derdian dai Rhapsody in modo ineluttabile. Se si aggiunge la qualità, qui davvero ai massimi livelli, si può solo sperticarsi nei complimenti.
La strumentale “Before The War”, pur di genere, è molto bella e ben fatta polifonicamente, pur senza attingere esageratamente a Bach e Vivaldi, come invece accade altrove abbastanza di frequente. Si chiude con “War of The Gods”, che non delude, anche se mi aspettavo una suite molto più lunga ed enfatica di quanto in realtà non sia. Ulteriore sintomo che il pregiudizio non ha quasi mai ragione d’essere.

In conclusione: dopo quanto detto, il voto posto può sembrare troppo basso. L’album è davvero piacevole, e si presta ad essere ascoltato e riascoltato. Il fatto è però che non si può ancora prescindere dall’aspetto imitativo presente nelle composizioni dei Derdian. Ho sottolineato in tutta la recensione che questi milanesi hanno del buono da offrire, e sono anche capaci di comporre melodie molto belle ed originali. E allora, mi chiedo, perché non liberarsi definitivamente della pesante eredità che si portano dietro fin dall’esordio? Non si tratterebbe di snaturare il proprio sound, assolutamente! Sarebbe solo questione di astenersi da un citazionismo troppo esasperato, seguendo la linea della semplicità e del divertimento immediato e disinteressato. Canzoni come “I Don’t Wanna Die” e “The Hunter” sono lì per indicare alla band una possibile, ottima via futura. Ci riusciranno? Mai come stavolta, il terzo lavoro sarà determinante per decidere il futuro di una band.

Tracklist:
1. Ouverture
2. New Era
3. Betrayer
4. I Don’t Wanna Die
5. Golstar’s Rage
6. Why
7. Back To The Crystal
8. Immortal’s Lair
9. The Hunter
10. Before The War (instrumental)
11. War of the Gods

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