Recensione: New Wave Order

Di Vittorio Cafiero - 7 Dicembre 2024 - 23:42
New Wave Order
Etichetta: Lifeforce Records
Genere: Doom 
Anno: 2024
Nazione:
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80

Non abbiamo fatto in tempo a togliere “Aimin’ For Oblivion” degli Invernoir dal lettore, che già un’altra proposta attira la nostra attenzione, sempre in ambito dark e nuovamente da Roma. E che proposta…”New Wave Order” è il nuovo album dei romani The Foreshadowing (il quinto della loro discografia), che tornano dopo otto anni, intervallati solo dall’uscita dell’ep “Forsaken Songs” uscito l’anno scorso. Otto anni non sono pochi a livello discografico e il risultato di questa lunga pausa è evidente: dopo “Days Of Nothing” piccola gemma di gothic metal, “Oionos” più orientato sul doom, “Second World”, una via di mezzo e “Seven Heads, Ten Horns” che, pur raggiungendo livelli ragguardevoli, non cambiava le carte in tavola, nel 2024 troviamo i The Foreshadowing sicuramente maturati molto, tanto da andare oltre le semplici definizioni di genere. La band si è ora compattata nella formazione a quattro elementi, i componenti storici Alessandro Pace (chitarre) e Francesco Sosto (tastiere) e Marco I. Benevento alla voce, a cui si è aggiunto Giuseppe Orlando a partire dall’album precedente. Di fatto, un vero e proprio dream team, grazie al talento compositivo di Pace e Sosto, alla voce così peculiare di Benevento e al drumming dell’ex-Novembre che, grazie alla scelta dei suoi fill di batteria, si è rivelato veramente la marcia in più della band (dal vivo e non solo).

New Wave Order”, è un titolo interpretabile in diversi modi: potremmo immaginare il riferimento ad un rinnovamento nello stile, oppure un tributo all’omonima corrente musicale. O forse, ancora, si tratta proprio di un gioco di parole che indica entrambe le cose. Fatto sta che i The Foreshadowing con questo nuovo lavoro sembrano davvero aver trovato la quadra, con lo sviluppo di una personalità tale da poter affermare che non assomigliano o ricordano nessuno in particolare, anzi, capita sempre più spesso di individuare band nel mondo gothic/doom che si rifacciano alla band romana.
Ma come si è concretizzata questa maturazione, nella fattispecie? Ad un’analisi oggettiva, sembra che la band scelga di non costruire i pezzi attorno alla chitarra o al riff (cosa tutto sommato classica per un gruppo metal), ma più che altro sulla melodia vocale, strutturandovi poi attorno le ritmiche della sei corde, sempre abbastanza “educate”, oltretutto, e arricchendo le composizioni con un’attentissima scelta degli arrangiamenti.
Il lavoro è compatto nonostante i pezzi siano dotati di personalità come singole composizioni. Giusto in questo senso menzionare l’apertura, affidata a “Vox Populi”, che parte con i ricami di Sosto, prontamente affiancato dalla ritmica sostenuta di chitarra e batteria ed ecco la voce baritonale di Benevento, con il suo modo così compassato di interpretare i pezzi: professionista di tutto ciò che riguarda la voce, la sua timbrica e il suo pathos sono certamente elementi distintivi del gruppo. Ci sono poi i singoli “Judas Had A Friend”, tipicamente The Foreshadowing e la ritmata “Lobbies”, ma forse il pezzo che meglio rappresenta l’album e cosa sia la band oggi è “Our Nightmares Call”, forse uno degli highlight di tutto il disco: un up-tempo dal vago incedere à la Depeche Mode, il ripetersi di un giro di chitarra quasi ipnotico, il cantato melodico, quasi rassegnato che lascia lo spazio a cori che intonano il “Dies Irae”…più dark wave probabilmente che vero e proprio doom metal, ma poco importa, quando la qualità è a questi livelli. E se l’attacco di “Heraclitus” ricorda Gazebo (salvo poi indurirsi subito), “Bound For Ruin” fa pensare ad un folle matrimonio tra Klimt1918 e Siouxsie and the Banshee. Chiusura forse più standard affidata a “Eyes Of Dawn”, che mantiene un’aura abbastanza inquietante – grazie alla voce che a sprazzi si fa sporca – e alla lunga ed evocativa “Vox Dei”.

Anche le scelte a livello di suoni e di produzione vanno nella direzione di evitare l’eccesso, si sfugge dalla ricerca dell’impatto a tutti i costi: i The Foreshadowing non hanno nemmeno più bisogno di essere percepiti come i più oscuri o i più pesanti (di fatto la band romana non era forse mai stata così melodica e “poco heavy”, volendo semplificare): in sostanza, hanno raggiunto quella libertà artistica che permette loro di fare qualsiasi cosa. E dopo la cover di “Such A Shame” dei Talk Talk contenuta all’interno del già menzionato “Forsaken Songs” o quella più datata di “Russians” di Sting, è semplicemente il minimo che potevamo aspettarci. Possiamo anche affermare che siano meno metal in senso stretto rispetto al passato, ma ciò non va assolutamente considerato in modo negativo; “New Wave Order” non è il loro “One Second” (Paradise Lost) perché non si percepisce la voglia di rompere gli schemi e di cambiare registro, ma si può assaporare la fisiologica crescita del quartetto.

La band capitolina con “New Wave Order” ha definitivamente raggiunto l’età adulta, che le permette di uscire dalla zona di confort del gothic-doom per esplorare una palette di suoni molto più estesa. Non possiamo sapere cosa riserverà il futuro in casa The Foreshadowing in termini di evoluzione artistica e forse è questa la cosa più interessante.
New Wave Order” è una grandissima prova di maturità di una band che non deve dimostrare più niente a nessuno e che – insieme a nomi già affermati come Messa, Shores Of Null e i giovani ma già lanciatissimi Ponte Del Diavolo – rappresenta la punta di diamante della musica dark italiana che meglio può essere apprezzata anche fuori dai patrii confini.

Vittorio Cafiero

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