Recensione: Next Stop
Secondo appuntamento con i Sonic Station, che a poco più di due anni di distanza dall’omonimo album di debutto, si ripropongono con “Next Stop”.
Le note biografiche che accompagnano la relelase ci parlano dell’incontro tra Alexander Kronbirk con alcuni amici e vicini di casa, tra cui Jonathan Fritzen (tastierista di smooth jazz con numerosi successi al numero 1 delle classifiche di Billboard e la cui collaborazione è sancita su ogni release dei Sonic Station) come uno dei motivi che hanno spinto il giovane Alexander verso la passione per la musica. Iscrittosi al Reale Collegio della Musica di Stoccolma, conosce Marika Willstedt anch’essa frequentante l’istituto. E’ proprio la Willstedt a raccomandare Johan Boding come il cantante ideale per i Sonic Station. A questo punto tutto è pronto per la realizzazione di “Next Stop”, mancano alcuni tasselli che vanno a completarsi con Thorleif Robertsson che si occupa delle parti di batteria mentre al basso si alternano Erik Metall e Mathias Garnas.
Una manciata di ospiti e la produzione affidata allo stesso Kronbirk e siamo pronti…
Il sound a cui la creatura di Alexander Kronbirk (Chitarre e Synth) si ispira è ben delineato: in quanto il trio svedese si rivolge in primis agli estimatori dell’AOR più edulcorato e raffinato che solitamente va sotto l’etichetta di Westcoast e che trova in Cliff Magness, Jay Graydon e Robert Berry alcuni dei suoi massimi interpreti ma che annovera vere e proprie icone quali Toto e Chicago; a voi trovare altre pietre di paragone ma crediamo di essere stati sufficientemente espliciti.
Prendendo questi punti di riferimento siamo quindi di fronte ad un album che sfiora vette altissime. Si tratta di un cd che contiene songwriting di altissimo livello unito ad un interpretazione di due cantanti – Johan Boding e Marika Willstedt – a dir poco strepitosi; aggiungete una chitarra che smussati gli angoli ai riff lascia ampio spazio a solismi di tecnica e buon gusto ed ecco che diventa difficile trovare le parole per descriver questa “fermata” alla “stazione sonica” senza cadere nel banale…vogliamo provarci?
Il brano di apertura, e singolo con tanto di video, si intitola “Amelia” ed è dedicato alla Earhart, pioniere dell’aviazione civile ed eroina del volo, scomparsa misteriosamente durante la trasvolata intorno al mondo; il brano rappresenta il marchio di fabbrica dei Sonic Station; consigliamo di vedere il relativo filmato che vale ben più di mille parole. Classe allo stato puro.
“Catch Me If You Can” mette ancora in evidenza le potenzialità vocali di Boding, il refrain della canzone sembra un outtake dell’omonimo album dei The Ladder (mitica band nella personale top five di tutti i tempi); il solo di Kronbirk è da applausi.
Dopo questo uno-due ecco arrivare il Knock Out: va sotto il titolo di “Brighter After Dark” e ce lo commina la splendida voce di Marika Willstedt una commistione di tonalità tra Rindy Ross (ve la ricordate “Harden My Heart” dei Quarterflash?) e Ann Wilson.
Mentre “ci contano” (siamo al tappeto, ricordate?) il coro di voci angeliche ci viene proposto ancora da Johan Boding con “Fool For Your Love” che potrebbe benissimo appartenere al repertorio di Michael Bolton o degli Styx e che è impreziosito dalla chitarra acustica, che Kronbirk imbraccia con eguale maestria.
Up tempo per “Stopped beating”, il cui padre putativo potrebbe essere il Jeff Cannata di “Images Of Forever” (altro albo dell’Olimpo personale): qui è il synth ad essere in evidenza e a “menare le danze”.
Il livello se possibile aumenta quando è Marika Willstedt a (ri)prendere il microfono e chiederci “Where Are You Now?”: qui le atmosfere sono assolutamente vellutate atte ad esaltare la chitarra solista che a tratti fa anche il controcanto: “La classe n’est pas de l’eau”!
In una sorta di scollinamento musicale ci ritroviamo nuovamente ad assaporare un quattro quarti: “Broken Man”. Ormai gli stilemi a cui fare riferimento sono acclarati e la coppia Boding-Kronbirk non si smentisce spandendo a piene mani melodia e buon gusto. Il risultato è un ottimo antipasto per una seratina ad hoc da trascorrere con la passione del vostro cuore.
Siamo già al nono brano e possiamo assolutamente affermare di non aver incontrato alcun pezzo riempitivo e quindi non sarà “Love Clash” a smentirci; si tratta forse del brano più drammatico per ritmo ed interpretazione di tutto il lavoro. La traccia si contraddistingue per un crescendo che dà sfogo all’ugola di Boding per poi lasciare i riflettori al pianoforte, protagonista del solo centrale.
Nel menù proposto dai Sonic Station le portate si susseguono mantenendo immutato l’altissimo livello qualitativo ed anche “Last Goodbye” non recede da questo status: la ricetta proposta pesca i suoi ingredienti dai Chicago di Bruce Gaitsch, o dagli Airplay di David Foster e Jay Graydon…“e scusate se è poco”.
Il saluto di commiato di “Next Stop” è affidato alla voce delicata e possente al tempo stesso di Marika Willstedt che interpreta con grande pathos “Hide And Seek”. L’ultimo brano in scaletta ci regala ancora forti emozioni grazie ad un’atmosfera intimista che racchiude il solo più ispirato dell’intero lavoro ad opera, ovviamente, del deus ex machina dei Sonic Station, Alexander Kronbirk.
Tenendo sempre a mente che “Next Stop” ha una chiara collocazione musicale, che abbiamo cercato di indicare nel corso della recensione, non possiamo fare a meno di constatare come un album del genere meriti di rientrare tra i vertici del genere westcoast.
Non ci stupiremmo affatto se nel tempo venisse accostato proprio ai lavori ed agli artisti delle citazioni sparse per queste righe, risplendendo al contempo di luce propria.
Excelsior!
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