Recensione: Nighttime Birds

Di Tiziano Marasco - 18 Maggio 2011 - 0:00
Nighttime Birds
Etichetta:
Genere:
Anno: 1997
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
80

Rivoluzionare un genere senza cambiare drasticamente il proprio sound, questa la rotta percorsa dai The Gathering nei primi anni della loro carriera. Ai primi due dischi “Always” e “Almost a Dance”, che aprivano il percorso degli olandesi all’insegna di un death metal granitico e pesante, aveva fatto seguito una pietra miliare come “Mandylion”: il sound era rimasto massiccio, la svolta era rappresentata dal cambio di voce. Non più un omone dedito a growl e raschiamenti di gola ma una voce femminile angelica, seppur incline a virtuosismi e dotata di una potenza non comune. Nei favolosi anni novanta i nostri furono tra i primissimi a fregiarsi di unA cantante, di bell’aspetto per giunta, in un panorama metal composto per il 99,98 per cento da soli uomini. Sulle stesse onde per esempio c’erano i loro connazionali Within temptation e i norvegesi Theatre of tragedy, i quali tuttavia non avevano rinunciato affatto al growl maschile. Non male in quanto ad innovazione, innovazione che ha portato, con lo scorrere del tempo, a lauti riconoscimenti. Eccoci dunque a recensire “Nighttime Birds”, album che al tempo aveva il difficile compito di confermare le ottime impressioni suscitate dall’acclamato “Mandylion”.

E già dal primo ascolto chiunque può notare che il disco in questione sia dedito alle conferme molto più che alle novità: si distacca assai poco dal suo predecessore, il sound è sempre quello in tutto e per tutto: songwriting roccioso e completo, eppure striato di venature atmosferiche che ne arricchiscono leggermente la natura: un pò meno doom, un po’ meno death, un po’ più goth, ma il tono di “Nighttime Birds” si accosta timidamente anche al prog. Ancora canzoni che per la maggiore hanno un tono monumentale ed esteso che le porta verso i sei minuti di durata, eppure non mancano passaggi più brevi e raccolti. Il connubio tra chitarre massicce e tastiere eteree continua, così come continua a farla da padrone il meraviglioso canto di Anneke van Giersbergen. Nove canzoni per la durata totale di quasi un’ora.
La opener, “On Most Surfaces”, prosegue magnificamente sulla falsa riga di classici quali “Strange Machines ed Eleanor”, una scarica di adrenalina che si impadronisce subito dell’ascoltatore. Negli altri episodi il discorso non cambia granché, sebbene si nota come l’anima dolce della nuova singer inizi pian piano a far breccia nel monolitico cuore sonoro della band. “Confusion” e soprattutto l’ottima “The May Song” abbassano sensibilmente i ritmi mentre la successiva “The Earth is My Witness” gestisce egregiamente vari cambi di ritmo. “Third Chance” è un misto tra passato e futuro dei brani più sostenuti del gruppo, un po’ “Fear the Sea” e un po’ “Liberty Bell”. “New Moon, Different Day” è invece una song lenta e sospesa, in cui fanno la loro comparsa i primi suoni obliqui e sintetici di tastiera, una ballata estremamente dolce.
Merita ancora una menzione speciale “Kevin’s Telescope” (la mia preferita), tre minuti e mezzo di poesia in cui chitarre di nuovo massicce vengono coronate da un testo davvero commovente per qualsiasi appassionato di astronomia (le tematiche iniziano pian piano a farsi un po’ più emozionali). La title track è un’altra song epica da sette minuti dotata di un chorus drammatico che rimane in testa per molto, molto tempo. E infine è degna di nota pure “Shrink”, triste ballata conclusiva che, seppur con esiti non del tutto soddisfacenti, cerca di dirottare il gruppo su tonalità decisamente più soffuse.

Alla fin fine, ci troviamo innanzi ad un lavoro che, pur non offrendoci grosse novità (non servirebbe neanche dirlo, chi vuol conoscere i The Gathering del primo periodo con Anneke alla voce deve tassativamente partire da “Mandylion”), si mantiene su ottimi standard qualitativi, il che non è impresa per tutti. Tuttavia, esistono quei gruppi che, trovata la giusta alchimia, la ripetono apportandovi poche e mirate modifiche  (e magari raggiungono risultati favolosi come nel caso dei Katatonia). Poi ce ne sono altri che seguono un’esigenza artistica diversa e sono alla continua ricerca di nuove forme espressive. I nostri sono sempre stati una band eclettica, tutt’altro che incline a fossilizzarsi su un genere ben definito o a fare troppi dischi simili tra loro, e di lì a due anni tutti se ne sarebbero resi conto. La rotta dei The Gathering non era affatto pianificata e destinata a riprodurre nuove e nuove copie di “Nighttime Birds”, gli olandesi da qui in poi sarebbero andati avanti per la propria strada senza badare a critiche o incomprensioni. Gliene siamo grati.

Tracklist:
01 On Most Surfaces
02 Confusion
03 The May Song
04 The Earth is My Witness
05 New Moon, Different Day
06 Third Chance
07 Kevin’s Telescope
08 Nighttime Birds
09 Shrink

Tiziano Marasco

Ultimi album di The Gathering

Genere:
Anno: 2009
70
Genere:
Anno: 2005
80
Genere:
Anno: 2003
90
Genere:
Anno: 1995
90
Genere:
Anno: 1997
80