Recensione: Nigredo [EP]
Nato in Italia nell’ormai lontano 2004, il progetto Janvs, nel corso degli anni, è riuscito a raccogliere consensi di critica e pubblico. Tali consensi lo hanno portato ad essere una delle stelle più brillanti dell’intero panorama avantgarde italiano ed europeo.
Nonostante una discografia piuttosto esigua -solo due i full-length pubblicati fin’ora dalla band-, il gruppo è riuscito, grazie ad una proposta personale ed accattivante, a siglare un contratto con la Avantgarde, una delle case discografiche più importanti della nostra Penisola.
Proprio sotto la guida di quest’ultima, il combo torna quest’anno a calcare le scene con ‘Nigredo’, EP che altro non è che la ristampa del primo demo, uscito nel 2004 e ormai pressoché introvabile.
All’ascolto di questo disco, ci si accorge fin da subito delle grandi abilità degli Janvs come compositori. I quattro pezzi ivi contenuti mettono in mostra un songwriting assolutamente solido, vario e convincente sotto ogni punto di vista: le canzoni, pur tendendo l’orecchio al passato -non sono rari i richiami agli Enslaved della svolta avant e a un certo black atmosferico d’annata- riescono ad avere tutte una propria identità ben definita.
Tecnicamente, come di consueto per la band, nessuno presta il fianco a critiche di alcun tipo: il lavoro strumentale è pregevole, preciso e scevro da ogni tipo di falla. Il riffing ad opera di Matteo Barelli, pur risultando complesso e articolato, non manca di potenza, così come la sezione ritmica, capace di dare dinamicità e corpo ai singoli brani. Basso e batteria -suonati rispettivamente da Claudio Fogliato e Massimo Altomare– duettano continuamente, creando ritmiche variegate e al contempo solide, granitiche.
Spingendo il tasto play del vostro lettore, non faticherete a notare che il vero punto di forza del lavoro risiede nelle atmosfere sognanti e a tratti malinconiche che permeano ciascun episodio qui contenuto. Ne è esempio lampante la struggente, e mi si consenta splendida, ‘Suicidio’, che riporta chiaramente alla mente gli In the Woods dell’indimenticabile ‘At the Heart of Ages’. Il lavoro delle tastiere è di un’eleganza formale ineccepibile e sostiene con fierezza lo screaming acido, ma mai fuoriluogo, di un Barelli autore di una prova magistrale.
L’altra piccola gemma dell’opera è sicuramente ‘Rovina’, dai toni più morbidi e sognanti. Il brano non manca di riportare alla mente i Novembre del bellissimo Novembrine Waltz. Gli arrangiamenti si fanno eleganti e raffinati come non mai, le chitarre disegnano linee melodiche suadenti, calde, che duettano con una batteria che scandisce ritmi cadenzati e quantomai lineari. Nonostante una base decisamente ‘leggera’, lo screaming di Matteo non stride, riuscendo invece ad accrescere l’emotività dell’episodio.
Piccola curiosità, a chiusura dell’album si trova ‘793’, cover del brano firmato Enslaved, tratto dall’album Eld, in cui compare Ivar Bjornson come ospite alla sei corde.
Se i brani riescono a mantenere piuttosto elevati gli standard qualitativi, a non soddisfarre sono invece i suoni: Nigredo, pur essendo un prodotto nuovo, nato sotto le ali protettrici di una label importante come l’Avantgarde, presenta suoni degni del demo di una band alle prime armi. Ad uscirne più penalizzato è indubbiamente il basso, relegato troppo in secondo piano. Si nota inoltre una generale mancanza di corposità, che tende ad appiattire fin troppo i brani.
Un lavoro, questo Nigredo, dunque, di grandissimo spessore artistico, che siamo certi riuscirà a rendere felici i molti fan del progetto Janvs. L’unica domanda che ci sorge, a questo punto arrivati, è perché riregistrare e risuonare un intero album, se poi si è deciso di mantenere suoni tipici di produzioni ormai superate? Mistero della fede.
Emanuele Calderone
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