Recensione: Nikoli
Sebbene la Bielorussia sia l’ultima dittatura d’Europa – a detta degli stessi bielorussi – il paese post sovietico si sta togliendo grosse soddisfazioni in campo metallico negli ultimi tempi. Sempre più gruppi sfondano la cortina che circonda Minsk e dintorni, ed alcune band (i Serdce su tutti) riescono ad imporsi all’attenzione internazionale grazie a proposte di tutto rispetto. E proprio da Minsk viene la band di cui oggi, gli Zaklon. A dirla tutta si tratta di una one man band che ruota al nome Temnarod (genìa oscura), cantante e multistrumentista titolare di svariati progetti nonché motore – quantomai mobile – di una piccola etichetta discografica.
Il progetto Zaklon ad ogni modo è attivo da oramai quindici anni ed è giunto con Nikoli (“Mai” n.d.r.) al quarto full-length ed è dedito, almeno in questa release, ad un black metal atmosferico piuttosto classico ed estremamente dilatato. La principale fonte d’ispirazione per il sound sviluppato Temnarod va connotata in un’altra band post sovietica dedita al cantoin madre lingua: indiscutibilmente gli ucraini Drudkh. Ilche si traduce in poche canzoni ma tutte di minutaggio ragguardevole, tanto che una sola delle tracce si attesta sotto gli otto minuti, vale a dire il brano posto in chiusura, un brano strumentale di tastiere e chitarre acustiche, peraltro di discreta fattura.
Dire Drudkh ad ogni modo dà delle coordinate sonore molto specifiche, perfino in un contesto dogmatico come quello del black. Ritmiche piuttosto lente, riff semplici, ruvidi e sporchi, ma soprattutto, ripetitività. Non è particolarmente difficile riproporre qualcosa di simile, decisamente più complesso è far sì che tale musica non produca sbadigli dopo il quinto minuto. Temnarod riesce piuttosto bene anche in questo secondo punto della missione. Semplicità e ripetitività non vengono mai sentite come opprimenti, si sente che l’uomo ha esperienza di lungo corso. Pur essendo ridotto l’elemento folk che sempre ha distinto e donato originalità al gruppo ucraino, Zaklon mette insieme un pugno di tracce molto ben strutturate, omogenee e compatte per un risultato che certo non fa gridare al miracolo ma pure si lascia ascoltare con piacere.
Merito delle chitarre al fulmicotone, sempre tese a creare riff violenti. Né è una prova Dolu, pezzo scelto per presentare il disco su Youtube, quasi dieci minuti di chitarre acide e batteria truce che spazza le orecchie come il vento del Baltico. Qua e là poi la brutale monotonia è interrotta sapientemente dall’utilizzo di tastiere che creano buoni break atmosferici, soprattutto nelle due composizioni più estese, Atruta e Ahni, facendo si che il risultato complessivo non sia mai banale o monocorde, fino al già menzionato outro Dym.
Una prova che si muove in ambiti ormai ampiamente sperimentati, ma che pure guadagna la sufficienza grazie alla giusta miscela di passione e mestiere. Pur mancando la poesia spirituale dei Drudkh, Nikoli non mancherà di dare gioie agli amanti del black atmosferico, soprattutto quello di matrice slava. Nikoli è un disco che, una volta tanto, non ammazza di noia pur senza creare nulla di nuovo in un panorama, quello black, che da venticinque anni vive di stilemi triti e ritriti. Un prodotto semplice, artigianale e proprio per questo sincero e genuino.