Recensione: NIL
Dalla loro nascita (2002) a oggi i Gazette sono diventati una delle più popolari rock band del Giappone, il che equivale allo status di perfetti sconosciuti qui dalle nostre parti. Eppure in soli quattro anni di carriera questi ragazzi sono riusciti a scalare le chart nipponiche, arrivando persino a esibirsi al Budokan davanti a una platea di 9000 persone. Il successo deve avere dato loro fiducia nei propri mezzi, così, dopo i consensi riscossi dal precedente Disorder, i Gazette tentano (in contemporanea ai connazionali Dir en Grey) di far sentire la propria voce anche a Occidente, partendo dall’amica Germania, tra i paesi più ricettivi nei confronti delle proposte del Sol Levante. Nonostante tutta la buona volontà del gruppo, l’impresa, nella quale in passato hanno fallito realtà ben più blasonate, si preannuncia proibitiva. Ma chissà che non sia la volta buona.
Quel che è certo è che non ci troviamo di fronte a un disco di rock convenzionale. I Gazette non fanno prog rock, anche se ne condividono eclettismo e vena sperimentalistica. Dimenticate gli anni settanta e tutto ciò che ne è nato. Se un genere deve essere accostato al nome della band, quel genere è il Visual Kei. Eccessivo, stravagante e straordinariamente vario, il Visual Kei è una grande corrente musicale che tende ad accorpare quelle miriadi band che hanno tentato di seguire le tracce dei capostipiti X-Japan nel corso del tempo. Dal punto di vista prettamente musicale è difficile trovare un denominatore comune alle tante realtà musicali che lo popolano. Da un pop-rock raffinato e orecchiabile (L’Arc~en~Ciel, primi Glay) a un metal più o meno estremo (certe cose dei Dir en Grey), passando per il rock in senso stretto (i dischi da solista di hide), il gotico (Malice Mizer e Moi Dix Mois su tutti), il dark (primissimi Luna Sea), il folk (Kaggra,), e via discorrendo: in territorio visual si può trovare veramente di tutto. Ad avvicinare tra loro realtà tanto diverse sono due fattori fondamentali: il background rock – riflesso nella tradizionale formazione basso-batteria-chitarra-voce, con occasionali contributi di archi e pianoforte (rarissime le tastiere) – e, soprattutto, il look: maniacalmente curato, androgino e appariscente, caratterizzato dagli eccessi più disparati e spesso – ma non sempre – in tema con la proposta musicale. La grande ricchezza espressiva, figlia di una mentalità restia al rispetto dei confini tra generi, ha fatto di tale scena uno dei più prolifici e, per molti versi, innovativi nidi musicali dell’ultimo decennio.
In questo contesto, i Gazette potrebbero considerarsi uno degli act più equilibrati. Ciononostante la loro proposta avrà buone possibilità di apparire all’orecchio nostrano decisamente più varia e imprevedibile di quella di tanti colleghi occidentali, con tutto ciò che ne consegue. I nemici giurati del virtuosismo fine a se stesso non abbiano timore, qui non ne troveranno traccia. Piuttosto rischieranno di rimanere interdetti davanti a una tracklist che subito dopo aver stordito l’ascoltatore con un pezzo sguaiato e casinista come Maggots, si lancia nell’irresistibile rock bagnato di swing e boogie della scoppiettante Namaatatakai Ame to Zaratsuita Jyounetsu. Senza contare che a seguito dell’indecifrabile intro The End, le danze erano state aperte da Nausea & Shudder, opener a dir poco spiazzante, che buttava nella mischia schegge di rock melodico, pulsazioni industriali, urlacci quasi hardcore e pure una pillola di psichedelia. D’altro canto, col passare delle tracce ci si imbatte anche in canzoni decisamente più abbordabili: su tutti l’idilliaco singolone Cassis, che in Giappone ha spopolato al punto di diventare la sigla di apertura di un popolare show televisivo. La carne al fuoco è davvero parecchia, e se pure ogni tanto i pezzi più estremi rischiano di fare cilecca – come nel caso dell’esagitata Discharge – la qualità è abbondantemente risollevata da tracce del caliro della pacata ballad D.L.N., dell’incalzante Shadow VI II I o di Silly God Disco, spregiudicato cameo di stili che si conquista la palma di preferita del sottoscritto.
Sia chiaro: questo NIL è un disco da ascoltare con la massima attenzione. Perché va abbondantemente fuori dai (nostri) schemi, perché la voce del singer Ruki – piena, avvolgente, teatrale ma altresì capace di lanciarsi all’occasione in una sorta di screaming ruvido e aspro – è decisamente aliena ai canoni occidentali, perché i territori musicali in cui spazia sono molto, molto eterogenei.
Per qualcuno sarà un colpo di fulmine, per qualcun altro sarà necessario dimenticare il disco per un po’ prima di riscoprirlo, per altri ancora la passione non sboccerà mai. D’altronde, questo è il Visual Rock: o lo si ama o lo si odia.
Tracklist:
1. THE END (2:11)
2. Nausea & Shudder (6:07)
3. Bath Room (5:06)
4. Maggots (2:48)
5. Namaatatakai Ame to Zaratsuita Jyounetsu (3:04)
6. D.L.N (6:11)
7. SHADOW VI II I (4:16)
8. Barrette (5:44)
9. Cassis (6:45)
10. SILLY GOD DISCO (3:57)
11. DISCHARGE (3:26)
12. Taion (6:17)
Nota: è disponibile anche una versione limitata dell’album con copertina rossa, contente il video del brano Shadow VI II I