Recensione: Ninewinged Serpent
I neonati Devian, svedesi, sono nati dalle costole di due ex-membri dei Marduk: Legion (Vocals, ex Ophthalamia) and Emil Dragutinovic (Batteria e percussioni, ex The Legion), insieme ai due maestri d’ascia, Joinus (Chitarra solista e ritmica) e Tomas Nilsson (Chitarra solista e ritmica) più Robert Karlsonn (Basso). Dopo un lungo periodo di gestazione, il quintetto ha finalmente dato alle stampe il suo primo full-length, Ninewinged Serpent, da poco sul mercato, prodotto da Rickard Kottelin.
Stilisticamente, l’act scandinavo propone una sorta di “unstoppable extreme Metal machine”, guidata a velocità folli, fra vari, micidiali, mid-tempo e con mortale determinazione dal gruppo stesso. In pratica, una furibonda miscela di Black/Death, con più spiccate componenti di Black Metal, suonato in maniera diretta ed ortodossa, senza fronzoli e senza sinfonie a supporto di un suono ruvido, primordiale e maligno.
L’apertura del disco è deputata al breve brano Serenade For The Fallen, dai contenuti lugubri e funerei, cui segue a ruota Dressed In Blood, prima vera canzone dell’album. Ed il massacro comincia! Un riff al vetriolo introduce il pezzo che, dopo un breve tratto accidentato ed aritmico, parte in maniera fulminea verso le più alte velocità raggiungibili dall’abilità strumentale propria dell’act. Devastante il growl alternato allo scream di Legion, in delirante volo radente sopra il mostruoso tappeto sonoro generato dalle chitarre di Joinus e Tomas Nilsson, e dalla sezione ritmica guidata da Emil Dragutinovic e Robert Karlsonn. Brevi rallentamenti spezzano il tempo, sino al break centrale, più lento ed introspettivo, ove c’è tempo per un melodico intarsio delle chitarre soliste. Solo un attimo per rifiatare, e la canzone riparte verso altissime cime di estremismo sonoro, per poi nuovamente alternare parti veloci a parti più lente. Heresy, ed il suono iper-compresso delle chitarre fa subito da capolino nella parte introduttiva, per poi lasciare spazio ad un mid-tempo cattivo e riottoso, scandito dal cantato di Legion, che propone anche parti relativamente melodiche (per il groove generale dell’album).
Il break centrale fumoso e trasognante spezza per un momento il ritmo, che riparte nel mid-tempo a doppia cassa di Emil, che caratterizza la canzone, rendendola estremamente potente e granitica. Con la quarta canone del platter, Scarred, un riff effettato introduce un mid-tempo assassino, dal tiro micidiale, che poi si tramuta in “apparente marasma” sonoro, sul quale si erge sempre, come ultimo guerriero a conquistare la vetta, il cantato personalissimo di Legion, davvero aggressivo come pochi. Anche in questo caso, la canzone propone – nella parte centrale – spunti cadenzati ed introspettivi, che vengono successivamente spazzati via dal muro di suono generato dal combo svedese.
Con Suffer The Fools, si parte nuovamente con un terrificante mid-tempo da totale annichilazione, che prosegue senza alcuna soluzione di continuità sino al chorus, cantato con uno scream potente e caldo. Poi, la canzone aumenta la propria velocità grazie a dei dinamicissimi riff a catena prodotti dalle chitarre, che si rincorrono e sovrappongono con effetto complessivo di sicuro impatto, su una base solidissima in doppia cassa eretta da Emil, evidentemente a suo completo agio con questo tipo di tempo. La sesta canzone del disco è Fatalist. Un rozzo ed involuto riff di chitarra si svolge su un tappeto inestricabile prodotto dall’oramai “solito” mid-tempo di Emil, per proseguire la canzone su estremità sonore non tanto in termini di velocità, quanto in termini di potenza e resa finale, che deve essere – per rispettare il tono generale del disco e del songwriting – la più grezza e primordiale possibile. Arabeschi di chitarra solista spuntano qua e là ad impreziosire il brano.
Una introduzione trasognante apre Gemini Is The Snake, che piomba immediatamente nelle sulfuree e roventi atmosfere che il gruppo riesce a generare con il proprio groove. La canzone si sviluppa in mid-tempo, con Legion, davvero in gran forma, rapidissimo nel cambiare il proprio stile da growl a scream con estrema naturalezza, ma con aggressività e cattiveria. Poi la canzone improvvisamente si addentra oltre i confini della trance musicale, con altissime velocità e piena sinergia della strumentazione che, insieme, forma un’onda d’urto poderosa e dinamica. Nella parte terminale, la canzone rallenta decisamente per proporre un mid-tempo maligno e cattivo, per poi nuovamente rialzare il tiro e concludersi in gran velocità. Numerosi e disorientanti, i continui cambi di tempo, sempre comunque eseguiti in corrispondenza dei lembi più lontani che chiudono l’Universo Metal.
Instigator, e non c’è nessuna pietà per nessuno: la partenza è al fulmicotone, la strumentazione è tesa a raggiungere le grandi velocità, in lunghi tratti di ipnotismo sonoro, nobilitati tuttavia da segmenti chiusi da riff stoppati in maniera molto precisa e pulita. Grandiosa l’interpretazione di Legion, cattivissima come non mai, che aggredisce con veemenza ma chiarezza e decisione le linee vocali della canzone. Numeroso i vistosi rallentamenti che vengono inframezzati alle parti veloci per rendere profondo – riuscendoci – il groove del brano. La penultima canzone del disco, Remnant Song, ed il tono poderoso dall’incedere grezzo e maligno grazie al mid-tempo di Emil, fa da base ai lamenti isterici di Legion che, con estrema cattiveria, scandisce le parole del refrain, assolutamente amelodico. Anche in questi caso il break centrale cerca, riuscendoci, di dare profondità alla song, facendo scendere l’ascoltatore direttamente verso le sulfuree atmosfere infernali. Nemmeno il tempo di prender fiato, e parte a velocità supersonica la title-track, Ninewinged Serpent, con Legion straordinariamente a suo agio anche con le linee più veloci del cantato, senza mai perdere di spessore e potenza. Anche in questo casi si susseguono incessantemente parti hyper-speed a mid-tempo di terribile potenza, rendendo la canzone, ma più generalmente l’album, sempre vario ed imprevedibile nelle accelerazioni/decelerazioni della sezione ritmica.
Un debut album che, ad onor di cronaca, proprio così non si dovrebbe definire, data la presenza di Legion ed Emil Dragutinovic. E proprio Legion, a parer di chi scrive, fornisce in questo album una prestazione da prendere ad esempio per chi volesse intraprendere la carriera di cantante Black/Death, talmente essa è varia, consistente, concreta, cattiva, aggressiva, decisa e marcata. Ma l’abum stesso, in un’epoca di evoluzione del Black verso forme complesse, riporta lo spirito del Black stesso verso le forme primordiali da cui è nato, basate sull’estremismo sonoro, sulla produzione volutamente grezza ed involuta, sul groove grezzo, ruvido e maligno. Anche se, intelligentemente, il gruppo propone canzoni mai uguali l’una all’altra, apparentemente semplici, ma invece complesse in virtù dei già accennati, continui ed imprevedibili, rapidi cambi di tempo della formidabile sezione ritmica capitanata dalla batteria di Emil Dragutinovic.
Daniele D’Adamo
Tracklist:
1.Serenade For The Fallen
2.Dressed In Blood
3.Heresy
4.Scarred
5.Suffer The Fools
6.Fatalist
7.Gemini Is The Snake
8.Instigator
9.Remnant Song
10.Ninewinged Serpent