Recensione: No Gods
Tra gli album che vengono inviati in redazione ho scelto ‘No Gods’, dei Nothing Sacred, così, a caso … c’era scritto “genere: Thrash” e tanto è bastato a scatenare la mia curiosità.
Poi, leggendo le note, ho appreso che ben tre quinti della formazione originale aveva contribuito alla nascita degli Hobb’s Angel of Death, con il chitarrista Mark Wooley addirittura presente nel primo omonimo album del 1988, e che il chitarrista George Larin suona nei Taramis fin dal 1991… Benissimo!
Non solo: sempre nel 1988 la band ha debuttato a livello discografico con l’album ‘Let Us Prey’ … Accidenti, mi sono sfuggiti! D’altronde erano anni nei quali usciva di tutto e, come si sa, a livelli altissimi, sia come qualità, ma soprattutto come prezzo … o si operava una selezione o si doveva accendere un mutuo, dai tassi altissimi peraltro.
Ho rimediato subito, in rete si trova di tutto, compreso questo ‘Let Us Prey’.
Un album di Speed/Thrash, come andava all’epoca: sporco, marcio, ispido come un cactus tra i palloncini e coinvolgente da matti, con ottimi pezzi come ‘Grey Slayer’ e ‘Damaged’ ed una buona cover di ‘Freddi Kruger’ dei S.O.D. (dall’immenso ‘Speak English or Die’ del 1985).
A questo punto mi metto il casco e mi lego con le cinghie al bracciolo del divano per evitare autolesioni da pogo casalingo (certe abitudini sono dure a morire) e passo all’ascolto di questo ‘No Gods’, aspettando di essere colpito da un maglio fasciato di note.
Beh … niente di tutto questo … le tracce sono essenzialmente un sunto di Hard Rock, Heavy Metal propriamente detto e del più recente Alternative, tutto rimestato dentro un gran pentolone. Di Thrash c’è solo qualche frustrata qua e là, tra l’altro neanche troppo letale e più in linea con le andature Groove anni ’90 che non con i riffoni della Vecchia Scuola Speed, di cui i Nothing Sacred sono stati comunque tra i capostipiti.
Parrebbe una dimostrazione di essere cresciuti, di avere maturato una visione artistica più ampia lasciandosi il passato alle spalle senza nostalgia. Ci sta, sono passati più di trent’anni e l’incazzatura giovanile ha lasciato il posto ad una rabbia più controllata, che, in alcuni momenti si trasforma anche in rassegnazione.
Il risultato finale del lavoro non è malissimo: a volte grinta e potenza calano un po’, la voce è un po’ tanto nasale e scarsamente aggressiva ma c’è molta varietà e melodia, la band suona alla grande e gli arrangiamenti sono particolarmente curati, con tanti passaggi dinamici ed interessanti, ed un sacco di assoli emozionanti.
Le canzoni di maggior tiro sono state chiuse nel cassetto per qualche decina d’anni: ‘Final Crime’ ed ‘Oracle’, scritte entrambe alla fine degli anni ’80, hanno una buona carica Thrash e fungono da collante tra i Nothing Sacred di ieri, spavaldi e guerrieri, con quelli di oggi, più riflessivi ed oscuri.
Di contro i foschi riflessi sabbathiani rendono ‘Virus’ e ‘Stoner’ dannatamente cupe per quanto risolute.
Nel mezzo un po’ di tutto senza estremismi: ‘Cold Black’ richiama gli Iron Maiden, ‘First World Problems’ vira all’Alternative, ‘Killing You’ mischia il Groove con l’Hard Rock, ‘False Prophets’ è un Heavy epico e pesante, ‘Ice’ ha un taglio di chitarra sferzante e grintoso.
Tanta roba con una qual certa discontinuità, che però è proprio l’elemento che la rende interessante.
‘No Gods’ è un album piacevole e le sbavature che si sentono si possono perdonare. Un po’ della vecchia fiamma non avrebbe guastato, ma questi nuovi Nothing Sacred possono fare molto. Aspettiamo, per ora il giudizio è più che positivo.