Recensione: No Man Without A Ghost [EP]
Non accenna a scemare l’ondata metalcore che da anni ormai si abbatte sul panorama hard ‘n’ heavy mondiale sfornando nuove realtà a cadenza quasi quotidiana, saturando inevitabilmente il mercato. Le file di questo sterminato esercito sono da oggi ingrossate anche dai Some Call This Tragedy, quintetto finlandese dedito alla variante easy-listening comunemente denominata ‘screamo’ o ‘emotional-core’, che tante vittime ha mietuto tra i giovanissimi e ha fatto la fortuna di diversi musicisti e delle rispettive case discografiche.
Tutti i cliché di questa corrente sono diligentemente rispettati dai ragazzi di Tempere a partire dal monicker chilometrico e dai testi pregni di piagnucoloso romanticismo, per passare al look curatissimo con tanto di eye-liner e ciuffo stirato e curato d’ordinanza, necessario per mandare in visibilio gli ormoni delle ragazzine. Ovviamente sono seguiti pure i dettami musicali, per cui spazio alla classica alternanza tra parti aggressive e ultra-melodiche, voci urlate e pulite, chitarre ribassate e ritmiche serrate che sfociano in ritornelli ariosi a presa rapida. Gli ingredienti per ambire a diventare i nuovi eroi dei teenager ci sarebbero quindi tutti, ma non basta affannarsi a cercare i pezzi adatti come si stesse componendo un puzzle per creare canzoni di qualità che riescano a entrare nelle menti e nei cuori degli ascoltatori. Chiaramente nessuno si aspetta la perfezione da dei ragazzi attivi solo dal 2010, ma è giusto in questa sede sottolineare eventuali pregi e difetti. Purtroppo per i finnici al momento questi ultimi superano di gran lunga i primi.
Da ripetuti ascolti, si evince come il tempo trascorso in sala a provare e aggiustare i pezzi non sia stato abbastanza e inoltre un EP di tre sole tracce non permette di formare un’opinione completa sulle capacità degli autori, quindi la fretta e la voglia di debuttare sono state cattive consigliere. I tre brani presenti in “No Man Without A Ghost”, infatti, appaiono piatti e artefatti, al di sotto di una seppur stiracchiata sufficienza sia sotto il punto di vista creativo che di quello esecutivo; inoltre spesso sono oltremodo azzoppati dalle clean vocals del bel Ville che si districa bene nelle urla, ma è decisamente scialbo e al limite della stonatura sul versante pulito.
Tutto ciò è palesato fin dalla prima “Burning Paris” che, dopo i primi secondi di tastiere di scuola Nightwish/Evanescence, si snoda su un tipico tempo medio emo/pop in cui un imbarazzante Ville ci mette del proprio per rendere il tutto decisamente incolore. Il tiro si aggiusta un po’ con la successiva “Watersheed”, brano più cattivo ma sempre dal forte impatto emotivo, giostrato in prevalenza sulle harsh vocals e quindi il cantato melodico si ode solo sull’inevitabile ritornello, limitando al minimo i danni. Chiusura affidata a “The Last Fantasy”, canzone che si accoda al canovaccio già presente nei primi due pezzi e si segnala solo dall’uso dei blast-beats all’altezza del chorus.
Il voto finale della recensione si spiega, oltre che per l’esiguità del materiale a disposizione, con la volontà di non infierire oltremisura su un gruppo dall’età media bassissima e alle prime armi che avrà tutto il tempo per creare qualcosa di migliore rispetto a quanto qui presente se la volontà e la determinazione continueranno a essere loro compagne di cammino. Limitandoci a questo singolo prodotto, non possiamo far altro che certificarne la mediocrità.
Matteo Di Leo
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Tracce:
1. Burning Paris 4:30
2. Watersheed 4:50
3. The Last Fantasy 5:28
Durata 15 min.
Formazione:
Ville Ylimartimo – Voce
Ville “Väiski” Väisänen – Chitarra
Henri Soisalo – Chitarra
Jyry Reiman – Basso
Kristian “Feather” Vilpakka – Batteria