Recensione: No Man’s Land [EP]
A tre anni di distanza dal debut-album “Elegies”, è di nuovo il momento dei Remains In A View. Sempre con la Memorial Records, ma stavolta con un EP, “No Man’s Land”.
E con un notevole stravolgimento nella line-up, poiché, da quel dischetto, è sopravvissuta la sola sezione ritmica, con Matia al basso e Atomo alla batteria. Oltre, circostanza di non poco conto, del passaggio da due chitarre a una sola (Luca).
In tal senso, allora, “No Man’s Land”, per l’ensemble di Sulmona, potrebbe essere interpretato come l’inizio di un nuovo corso. Fattispecie probabile, alla luce del titolo dell’opener ‘The New Beginning’.
Certo, all’alba della loro carriera era metalcore. E così è anche adesso. Ma, ascoltando anche per pochi secondi proprio ‘The New Beginning’, si coglie al volo una maturità artistica perfettamente in grado di generare materiale in grado di battagliare con il Resto del Mondo.
Una bella fetta di merito se la prende Elia che, seppur allineato alla tradizione delle harsh vocals metalcoriane – anche aiutato in background da Luca, riesce a modulare le linee del cantato adattandole a quelle musicali; dando così senso al concetto di canzone. E, difatti, “No Man’s Land” è davvero costituito da song ciascuna dotata di una propria, forte personalità (‘No Man’s Land’). Che assieme, concorrono a formare un insieme variopinto ma coeso, compatto nel tratteggiare a tinte forti quello che, come deve essere, è un marchio di fabbrica ben definito che contraddistingue univocamente i Remains In A View. Chiaramente desumibile dalla durissima ‘Media Terror’, miscuglio fra cattiveria (musicale) e armoniosità dello stupendo ritornello, e in ‘Evolve’, classico pezzo metalcore, sciolto e tracinante.
È anche chiaro che,come accade per tutti i mini di pochi brani, quattro, nella fattispecie, risulta impossibile addivenire a un giudizio completo ed esaustivo. Quello che importa, a parere di chi scrive, è l’aria che tira.
E, quella di “No Man’s Land”, è foriera di buone intenzioni e di un futuro a portata di mano.
Daniele D’Adamo