Recensione: No More Dirty Deals [reissue]
Il nome Van Zant si è indissolubilmente legato al Southern Rock per l’appartenenza di ben tre elementi nella Southern Rock band per eccellenza, i Lynyrd Skynyrd. Johnny, il più piccolo dei fratelli Van Zant dopo Ronnie e Donnie, formò l’omonima band nel 1980, in seguito alla prematura morte del fratello e mentore Ronnie, deceduto in seguito ad un incidente aereo il 20 ottobre del 1977.
Evidentemente scosso per la perdita del congiunto, Johnny esplose tutta la sua inconsolabile nostalgia con questo insuperato debut, il più “sudista” dei tre che costituirono la discografia della Johnny Van Zant Band (seguirono “Round Two”, nel 1981, e “Last Of The Wild Ones” nel 1982, quasi a completamento di una trilogia preannunciata).
Johnny provò ad iniziare una carriera da batterista, ma capì subito di dover seguire la tradizione di famiglia, il microfono era lì ad attenderlo, e messo su un gruppetto Southern – inizialmente chiamato Austin Nickels, dal nome del whisky – calcò i palchi di tutta la Florida finché la Polydor Records non gli presentò un contratto a cui sarebbe stato difficile rinunciare, a condizione che la band cambiasse nome, a causa di beghe legali dovute al precedente monicker.
Così, probabilmente sotto indicazione dell’A&R Steve Fine, nasceva la “Johnny Van Zant Band”, in cui il ruolo di batterista veniva coperto dal diciottenne Robbie Morris, nipote e allievo (!!!) di Johnny, alle chitarre c’erano Erik Lundgren (un surfista) e Robbie Gay, al basso Danny Clausman, ognuno di loro artisticamente nato e morto col progetto Johnny Van Zant Band.
L’apparentemente strampalata line-up in realtà convergeva in tutto e per tutto su Johnny, vuoi per il carisma da subito dimostrato, vuoi per l’immediato regime di dittatura compositiva imposto, tanto che non fu difficile per una band così tirannicamente compatta, trovare un produttore di livello nella persona di Al Kooper, già una leggenda per i suoi trascorsi con Bob Dylan, The Rolling Stones, Cream, The Who, B.B. King, e Alice Cooper, ma ancor più importante per aver letteralmente scoperto gli Skynyrd, di cui produsse i primi fantasmagorici tre album per la sua etichetta “Sounds Of The South”! Johnny doveva essere al settimo cielo quando la Polygram gli comunicò di aver assoldato Al, che, tra l’altro, si occupò di suonare le tastiere per “No More Dirty Deals”, e di reclutare tutta una serie di guest star come Paul Barrere e la Waters Family.
L’attività di produzione si fece dunque maniacale e certosina, con Kooper che pensò di coinvolgere anche Donnie Van Zant nella composizione, e avvicinandolo ancor più – se ce ne fosse stato bisogno – al fratello, con cui, in nome di Ronnie il songwriting di “No More Dirty Deals”, già pesantemente influenzato dagli Skynyrd, sfociò nella struggente “Standing In The Darkness”, posta non a caso in chiusura di tracklist, finale ideale di un disco che neanche troppo velatamente assurge a tributo dell’indimenticato leader della Southern band per antonomasia. In realtà la song nacque, come una sorta di predestinazione, da una poesia scritta da Johnny prima della morte del fratello, e tradotta in musica successivamente, alimentando così il misticismo del sottotitolo (“This Is For You, Ronnie!”): dicerie a parte, il brano non è rappresentativo dell’intero album, che si staglia principalmente sul genere melodic/aor infarcito di influenze south, sia chiaro, bensì è da considerarsi la naturale appendice di “Nuthin’ Francy”, terzo e controverso album degli Skynyrd (1975).
Da annotare anche la cover “634-5789 (Soulsville, U.S.A.)” dei The Elgins/Wilson Pickett, classico R&B scritto nel 1966 dalle due star del soul Steve Cropper e Eddie Floyd, genere colpevolmente ignorato da critica e pubblico europei, ma sicuramente un bel colpo per le chart americane.
Come suona oggi un disco come “No More Dirty Deals”? Decisamente bene, dal momento che il revival ’80 è di grande attualità, e soprattutto gli Skynyrd più progressivi, sono nella fattispecie “ammorbiditi” dal sound più easy di certy .38 Special (la band di Donnie!!!).
Non si tratta, comunque, di una vera e propria meteora – come sarebbe da aspettarsi dalla Rock Candy Records – perché sebbene il disco in questione sia da considerarsi fuori catalogo, il nostro Johnny è tutt’altro che sparito dalla circolazione: nel 1987 prese le redini dei riuniti Lynyrd Skynyrd, oltre a portare avanti, insieme a Donnie, il progetto (da non confondere con quello in oggetto) “Van Zant”.
I fan di Ronnie, dei Lynyrd, del Southern Rock, e delle storie romantiche, non dovrebbero perdere questo remaster e la storia-intervista a Johnny inclusa nel poster-style booklet.
Tracklist:
- No More Dirty Deals
- Coming Home
- 634-5789
- Put My Trust In You
- Only The Strong Survive
- Hard Luck Story
- Stand Your Ground
- Never Too Late
- Keep On Rollin’
- Standing In The Darkness