Recensione: No More Hell To Pay
Dopo i fasti degli anni Ottanta del secolo scorso, durante i quali gli Stryper avevano snocciolato una sequenza micidiale di fondamentali esempi di class-metal quali The Yellow And Black Attack, Soldiers Under Command, To Hell With The Devil, e In God We Trust, la più nota heavy band di rock cristiano si era sciolta, per riapparire quindi nel 2005.
L’album del come-back si intitolava Reborn, e fu ben accolto dalla critica, ma è stato, poi, il successivo Murder By Pride del 2009 che ha convinto appieno, dimostrando che gli Stryper erano tornati in pista muniti di autentica determinazione e fervente fertilità creativa.
Dopo Murder By Pride, i quattro rockers a stelle e strisce hanno fatto ancora parlare di sé con un album di versioni di brani altrui (The Covering), ed un’antologia di proprie canzoni ri-registrate (Second Coming): due lavori più che dignitosi, al di là delle ovvie critiche che si possono muovere ad operazioni di quel genere.
Fin dall’uscita del citato Second Coming, però, gli Stryper avevano assicurato di stare già lavorando ad un album di inediti, e così quest’ultimo scorcio di 2013 vede arrivare “No More Hell To Pay”, full-length nuovo di zecca della band di Calling On You ed Honestly.
Il nuovo lavoro spazza via ogni dubbio circa lo stato di forma di Michael Sweet e compari: i quattro rockers, infatti, mettono a segno altre dodici composizioni di pregiata lavorazione, corroborate, a dispetto dei tanti anni di “mestiere” sul groppone, da un’energia e da un “tiro” da lasciare indietro col fiatone tanti giovincelli del rock’n’roll.
Se il livello qualitativo è, dunque, sovrapponibile a quello del precedente studio album di quattro anni fa, sul piano stilistico – pur nella conferma dei tratti distintivi della band – si registra qualche piccola dissomiglianza. “Murder”, infatti, indulgeva maggiormente sul fronte degli slow, mentre in “No More Hell” la band tiene l’acceleratore quali costantemente premuto su ritmi uptempo e su atmosfere hard rock. Fa eccezione The One, ballata non particolarmente memorabile, ma che non mancherà di smuovere i sentimenti e la sensibilità di qualche ascoltatore.
The One è solo un piccolo squarcio di intenerimento tra lampi di torrenziale hard’n’heavy, pur se sempre illuminato da un limpido flavour melodico (vedi Te Amo e Stick & Stones, quest’ultimo un hard rock in cui l’impatto dei riff granitici è in parte stemperato dalle acchiappanti armonie vocali del chorus); un sound che si mostra ancora più arrembante ed incalzante in tracce come Saved By Love, squarciata dalla voce acuta e risoluta di Michael Sweet, Legacy, un metal risoluto e trapassato da una pioggia di riff e, ancora, Renewed, con la quale gli Stryper danno in chiusura l’arrivederci agli ascoltatori salutandoli tra vorticose e tumultuose chitarre.
Altrove, prevale un hard rock massiccio e più classico (che, per certi versi, rimanda all’ottimo e sottovalutato Against The Law del 1990), come nelle elettriche e scandite Revelation e No More Hell To Pay, nell’implacabile Water Into Wine, e nella marziale Marching Into Battle, con il suo muro di chitarre ed i suoi spunti mediorientali.
Una magistrale sintesi tra hard rock ed epiche melodie disegnate dalla voce svettante di Michael Sweet è, altresì, Sympathy, mentre con Jesus Is Just Alright gli Stryper offrono un’accattivante chicca, cimentandosi con successo con una cover hard rock di un ben noto brano gospel di Arthur Reid Reynold, già celebrato in ambito rock grazie alle rendition di Byrds e Doobie Brothers.
Con No More Hell To Pay, dunque, gli Stryper si dimostrano in grado, ancora una volta, di realizzare un lavoro variegato, con chitarre sempre sferzanti, una piccola strizzatina d’occhio al rock duro contemporaneo rappresentata da qualche tono più scuro nei suoni, una sezione ritmica priva di qualsivoglia esitazione e, soprattutto, grinta da vendere.
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