Recensione: No Parole From Rock n Roll
L’avventura musicale degli Alcatrazz inizia nel 1984 con “No parole from frock’n’roll”, lavoro dove presero parte il leader e vocalist Graham Bonett , l’allora giovane guitar man Yngwie Malmsteen e gli ex “New England” Jimmy Waldo (alle tastiere), Gary Shea (al basso) oltre all’oreiginario batterista di Alice Cooper Jan Uvena.
Quest’album, mostra subito in evidenza il virtuosismo di Malmsteen in accoppiata con il carisma vocale di Bonnett dando vita ad un hard rock con più di un riferimento a tematiche classicheggianti. Il platter uscì per la Gramm Slamm ed ebbe un discreto consenso di critica e di pubblico lanciando nel vasto panorama hard rock il combo americano.
Particolarmente vario risulta essere il puzzle di traccie che vanno a comporre questo disco che inizia in modo vivace e accattivante con l’opener “Island in the sun”. In questo brano, arricchito dal pregevole riffing ad opera di Malmsteen, mostra subito in primo piano un lavoro brillante sia per quanto riguarda appunto il lavoro chitarristico che per quanto concerne le vocals che in questa song si notano per buona impostazione stilistica. Particolare risulta essere, inoltre, il refrain enfatizzato da un lavoro tastieristico che dona una certa corposità al sound espresso al sound complessivo della song. Con la seguente “General Hospital” il combo statunitense concentra l’attenzione dell’ascoltatore su un riffing più “rocciosamente” hard rock, merito ovviamente di Malmsteen che sviluppa il tema fondamentale del brano donandogli il giusto mix di pesantezza e eleganza stilistico-strumentale (a riprova di ciò basti ascoltare il buon assolo). “Jet to Jet” trova il suo punto di forza in ritmiche più sostenute e, quindi, su un riffing più vivace e degnamente accompagnato da un tappeto tastieristico che, quasi a creare una sorta di “paradosso melodico”, tratteggia atmosfere drammatiche. Molto bene innestati lungo il tema fondante della traccia le pregevoli divagazioni classicheggianti di Malmsteen che non si limitano certo ad offrire una semplice “divagazione” ma contribuiscono ad elevare di qualità l’aspetto puramente tecnico strumentale del brano. Una breve intro morbida e riflessiva è posta in apertura della quarta song, “Hiroshima mon amour”. Qui il riffing viene sostenuto da ritmiche più cadenzate, lasciando più ampio spazio alle vocals di Graham, che sembrano esprimere i toni quasi sofferti del brano. Anche qui non può non essere menzionata l’abilità tecnica del guitar hero che sforna un coinvolgente assolo. La successiva “Kree Nakoorie” sembra approfondire il discorso intrapreso nella precedente track, accentuandone i toni drammatici. La sezione ritmica svolge un ruolo importante a questo proposito, ponendo fortemente l’accento su passaggi melodici decisamente cupi. Il lavoro chitarristico, in simbiosi con quello chitarristico, infine, non fa altro che svolgere il ruolo di ideale anello di congiunzione tra la pesantezza ritmica e le vocals (anch’esse) eloquentemente melodrammatiche. “Incubus” viene introdotta da una classicheggiante intro per chitarra acustica, a cui segue lo svolgimento di un tema strumentale per chitarra elettrica lento nell’incedere, quanto giocato su basse tonalità. Cambia leggermente atmosfera la settima “Too young to die, to drunk to live”, dove un riffing di più diretto impatto, sostenuto da un drumming giocato su ritmiche più incalzanti la fanno da padrone. Ben congeniati risulta essere l’architettura del brano, che non risparmia qualificanti cambi di tempo e d’atmosfera. Con “Big Foot” si può notare nuovamente il ruolo di primo piano che le guitars giocano nel pezzo: infatti in questa track assistiamo ad un interessante esperimento di miscela di temi classicheggianti a melodie dal vago sapore orientaleggiante; esperimento che trova felice punto di equilibrio nell’assolo centrale. Un riff d’apertura quasi minaccioso fa da apripista alla penultima “Starcarr Lane”, brano nel quale s’impone un brillante lavoro chitarristico che risulta fondamentale per la costruzione di armonie stuzzicanti per l’orecchio. Chiude l’album la romantico-decadente “Suffer Me”, song costruita su un morbido e suadente arpeggio di chitarra, il cui fascino trova il culmine di bellezza nei solismi di Malmsteen che elevano di tono il pezzo nel suo complesso.
Con questo debut album, per concludere, gli Alcatrazz si dimostrano capaci di regalare all’ascoltatore un prodotto di buon hard rock non privo di una certa originalità ed eleganza tecnico strumentale . Il merito della riuscita di questo lavoro lo si deve, se non in tutto almeno in gran parte, alla forte personalità di Malmsteen che con il suo stile chitarristico s’impone come elemento fondante del progetto.
Tracklist:
1. Island In The Sun
2. General Hospital
3. Jet To Jet
4. Hiroshima Mon Amour
5. Kree Nakoorie
6. Incubus
7. Too Young To Die, Too Drunk To Live
8. Big Foot
10. Starcarr Lane
11. Suffer Me
Line Up:
Graham Bonnet: vocals
Yngwie Malmsteen: guitars
Gary Shea: bass
Jimmy Waldo: Keyboards
Jan Uvena: drums