Recensione: NOLA

Di Andrea Poletti - 19 Marzo 2016 - 0:00
NOLA
Band: Down
Etichetta:
Genere: Sludge 
Anno: 1995
Nazione:
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90

New Orleans LouisianA

Una città, uno stile di vita, un’icona mondiale che lascia sempre senza fiato, le mille tradizioni e culture etniche che si amalgamo e borbottano per confluire in un gigantesco meltin’pot  globalizzato dove tutto nascere, muore e rinasce dalle proprie ceneri. Chi cresce in Louisiana non vede il mondo con gli stessi occhi degli altri Statunitensi medi, la storia locale lo rende impossibile, che vi piaccia o meno e che sappiate di cosa stiamo parlando oppure no. Sesso porta a porta, droga che scorre come fiumi, rituali voodoo e malefici di immani crudeltà, la buona cucina con le spezie caraibiche che entrano in quella locale ed il luogo che sancisce la nascita del Jazz. Il grande stato della Louisiana, ed ancora più in particolare New Orleans, non è il classico ideale degli Stati Uniti d’America che tutti superficialmente tendiamo a voler visualizzare. Una città simil-europea con forti radici nel vecchio continente, che prende il nome dal duca di Orleans, reggente proprio qui, facente le veci di Luigi XV tra il 1715 e il1723; involontariamente ed indirettamente quella cultura francese non è mai sparita, portatrice di quello che ancora oggi è il marchio indelebile che contraddistingue questo stato del Sud. Senza sapere cosa è New Orleans, non possiamo comprendere a pieno NOLA poiché in una città così, e solamente in una città come questa, potevano nascere i Down. Altrove sarebbero stati fuori portata, fuoriluogo, fuori da ogni logica prestabilita in partenza, proprio perché i Down, perlomeno quelli del periodo 1990-95 che andiamo a trattare in questa sede, sono una band fuoriclasse, che può vantarsi di aver creato musica, non solo composto. Differenza sottile ma fondamentale.

RETROSCENA

Dimentichiamoci i Pantera per un momento, dimentichiamo che siamo nel periodo dove il mondo sbava per loro e ragioniamo sul fattore sorpresa. Dei “tizi” spargevano in giro delle demo a caso con numero a salire di brani; prima due poi tre, sino ad arrivare a dieci pezzi che prendono l’attenzione di musicisti, fans ed etichette discografiche. Nessuno, o per lo meno in pochi, sapevano chi o cosa ci fosse dietro questo progetto, le indicazioni non vengono fornite e in molti, tra cui i membri della stessa band, andavano in giro a chiedere per i vari concerti “Ciao conosci i Down? Cosa ne pensi? Sentito la nuova Demo?”. Così accadeva tra il 1991 e il 1993, sino a quando durante il primo concerto, svoltosi proprio a New Orleans, un emissario della casa discografica Elektra assiste all’esibizione; in quel momento solo dieci delle tredici canzoni della versione definitiva erano state composte dal gruppo ma non ci volle molto tempo in più perché nel 1994 iniziò la registrazione ufficiale di NOLA. L’unione di stili completamente differenti, inseriti all’interno dell’album da membri di Pantera, Eyehate God, Crowbar e Corrosion of Conformity portò alla luce un suono distante dal classico Stoner che tutti si potevano aspettare dopo le prime note; senza giri di parole probabilmente è possibile considerare NOLA come il primo vero album di Sludge. Un sottogenere che ha dalla sua la facoltà di riuscire a prendere il classico Stoner per ribaltarlo e decodificarlo attraverso sonorità e influenze che non smettono mai di poter sorprendere, sempre se si è in grado di comporre in maniera intelligente come i galantuomini qui presenti. Piccolo dettaglio: anche se nelle note del disco Todd figura  in maniera ufficiale tutte le registrazioni sono state curate da Keenan; diamo a Cesare quel che è di Cesare.

SCHIAFFI E CAREZZE

La versione finale dell’album contiene tredici tracce, tre in più rispetto al demo finale rilasciato qualche mese prima delle registrazioni; tre brani che sono stati composti dopo la firma del contratto per una motivazione ad oggi ancora sconosciuta, ipotizziamo con molta probabilità uscite spontaneamente o per differenziare il prodotto finale dal demo precedente. Anche se nei crediti Anselmo viene citato in ogni brano della tracklist, sono solamente tre le canzoni create dal solo Phil, a dispetto di un Keenan che silenziosamente compone e porta avanti la baracca. Cosa trovare a livello strumentale, cosa contraddistingue NOLA dal resto degli album presenti e futuri del genere è presto detto: la matrice compositiva ispirata, una dose massiccia di canzoni che complessivamente diventano un carro armato per tirare giù ogni muro sonoro e paralisi mentale, il tutto contrornato da un’indefinibile bellezza presente in ogni minuto. Canzoni pesanti come macigni (Tempation’s Wings, Underneath Everything, Lifer, Pillars of Eternity o Eyes to the South) che si contrappongono a melanconiche e rabbiose tracce da far venire i brividi lungo la colonna vertebrale (Rehab, Losing All, Swan Song e la splendida Jail). Tra le canzoni che meritano una citazione a parte rispetto alle menzionate prima troviamo il singolo Stone the Crown, con il suo riff blues e groovy che ti lascia respirare a pieno quell’aria da bar nel deserto, lungo una strada che si perdere all’orizzonte per chilometri, proprio come il video promozionale ci suggerisce. Da cantare e ricantare senza vergogna imparando ogni battuta a memoria. Bury me in Smoke è probabilmente “La canzone” dei Down, quella che ancora oggi chiude ogni loro singolo concerto, quell’anthem indimenticabile che riesce a scaldare l’animo anche di una nutria rinsecchita al freddo siberiano attraverso un riffone ciccione, monocorde, corposo e senza fine che ad oggi non smette mai di incantare per magnificenza ed intelligenza. Descriverla risulta superfluo ed impossibile, a tratti surreale per la bellezza intrinseca. Una perfetta unione di sonorità tipiche di casa Black Sabbath dei primi quattro album, unite con la carica dei Saint Vitus si intrecciano all’emotività dei Trouble per fare del tutto un pregevole esempio per le generazioni future. Come se i signori qui presenti abbiamo scritto in calce dentro l’album “Ragazzi così si suona e così dovrete suonare per essere credibili, ma noi saremo sempre meglio”. Andando sulla prestazione dei singoli lungo l’intero album è possibile definire il tutto con una semplice parola: dinamicità; proprio la dinamicità e la non prevedibilità dell’intera track-list è il punto d’incontro per riuscire a comprendere NOLA al meglio. Una grande altalena tra scossoni e atmosfere, idee sussurrate e schiaffi in faccia, dove la combinazione perfetta sta nella creatività di musicisti aperti ed esperti a livello mentale; persone che sanno come dosare la potenza nelle loro corde e riescono a comprendere come la forza non è solo trasmettibile attraverso la violenza fine a se stessa. Non un filler, non una traccia da lasciare alle spalle; questo primo tassello di casa Down è un macigno che va digerito tutto d’un fiato e fatto stagnare come aria nei polmoni, sino a quando non lo si inghiotte in maniera definitiva per ridarti la luce, per farti capire che sei ancora vivo.

SEPPELLITI NEL FUMO

Chiudere la recensione di un album come questo, recensire un album come questo, con il trascorso e con tutta l’importanza che detiene è superfluo; potremmo parlare di capolavoro (una parola spesso usata fuori luogo) o di grandissimo album ma tutto diventa vano e innocuo. A te magari piacerà di più A Bustle In Your Hedgerow, oppure Over the Under o magari non ti sono mai piaciuti. Ad ognuno il suo ma l’importanza e il voto sopra le righe è per l’impatto storico che NOLA detiene negli annali, per avere dato un contributo indiretto alla scena moderna e per far parte senza mezzi termini, di quella schiera di album che ogni amante di metal deve ascoltare almeno una volta nella vita. Molto del metal moderno, ha subito influenze dirette ed indirette dai Down, hanno creato una corrente che ad oggi ancora imperversa lungo le strade e questo fondamentale primo passo della loro carriera ed è ad oggi imprescindibile. Vediamola più come una recensione omaggio, perché chi sà, comprendere alla perfezione ciò che sto dicendo e andrà ad ascoltarsi almeno una traccia da questo splendido diamante grezzo.

I have an escape, alone it keeps me safe and in my home

I have a reason, to keep me satisfied until I’m gone

Don’t regret the rules I broke

When I die bury me in smoke

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