Recensione: Nordic Union
Lo stile musicale è un po’ come il carattere: può essere volubile ma rimane di fondo lo stesso anche dopo anni.
Per lo stesso motivo, Mr. Ronnie Atkins, cantante degli storici Pretty Maids, e il suo nuovo collega, Erik Martensson, leader degli Eclipse, hanno mantenuto i propri tratti distintivi, facendoli confluire in un unico progetto, i Nordic Union. Questa nuova alleanza costituisce il punto d’incontro tra passato e presente di quel melodic rock di matrice nord europea, forgiato sulle coordinate degli stessi Pretty Maids, Europe e TNT e attualizzato proprio da gruppi come gli Eclipse. Dopotutto, i Nordic Union sono segnati proprio dallo stile di Martensson, un chitarrismo dinamico e grintoso ad alto volume, ricco di cori esplosivi ed avvolgenti, tanto cari alla fascia più energetica dell’AOR.
E così, come avvenne per i Pretty Maids, il collante ideale per dar vita al connubio grazia/energia non poteva essere altro che il bravo Atkins, il quale si è sempre trovato a suo agio nelle vesti di “mediatore”. Un interprete perfetto nel pennellare la drammaticità armoniosa dell’apripista “The War Has Begun”, sorretta dall’accorato coro a cascata. Peculiarità che è ancora più forte nel groove contagioso di “Hypocrisy” ovvero l’eterna ricerca del giusto ritmo con il giusto refrain. Già di primo acchito, le doti di songwriter di Martensson ci sono tutte e sono ben evidenti: accelerazioni adrenaliniche, tiro a perdita di fiato e refrain appiccicosi.
Il tono drammatico di “The War Has Begun” lascia spazio a sonorità più vicine all’hard’n’heavy cromato, di gusto americano (Trixter), attraverso le armonie dolci-malinconiche di “Every Heartbeat”, inondata dalle struggenti corde vocali di Atkins.
La passione per ritornelli orecchiabili, straripanti di energia, non viene mai meno e mantiene forte la presa sull’attenzione del pubblico. In tal senso, “Wide Awake” non rompe gli schemi del genere, eleggendo protagonisti gli smaglianti vibrati. Il pre-chorus è scosso da linee vocali delicate, mentre il grido “wide awake” risuona chiaro e penetrante come un avvertimento.
Più sostenuto e in tema con l’opener è il tune celtico-battagliero di “When Death Is Calling”, un titolo che non fa fatica a restituire un’atmosfera vibrante, dove Atkins sa esprimere al meglio la sua vena graffiante ed espressiva.
Velocità e ritmi concitati diventano sempre più pressanti a partire da “21 Guns”, i cui riff impazienti vengono ingentiliti per contrasto dal ponderato e struggente uso delle tastiere (“Future World” docet). Ronnie cavalca la strofa portante nota per nota, ferita per ferita e i backing vocals sono i proiettili di melodia scaturiti dal nostro pistolero (autore in toto, assieme ad Erik, delle voci di sottofondo).
Comunque, se un lavoro come “Nordic Union” ambisce ad un traguardo, è quello di raggiungere il bilanciamento ideale tra immediatezza e feeling. Alla fantastica “Falling” viene affidato questo arduo compito, perfettamente risolto grazie al gaudio di un ritornello entusiasmante, che non sacrifica la forza della sei corde, impegnata ad elargire accelerazioni e assoli dirompenti. Una grande prova, un inno da riproporre in sede live.
Passione, sudore e talento
Trovo condivisibile che Martensson abbia deciso di puntare su quello che gli riesce meglio ovvero sull’irruenza pulsante e vitale di “The Other Side” e “Point Of No Return”, piuttosto che inserire a tutti costi ballate cullanti, pause che, qui, suonerebbero forzate, smorzando il tiro enfatico e vitaminizzato dell’album.
D’altronde, “The Other Side” mostra l’altra faccia del rock vellutato, intrisa di fame d’emozioni, liberate in un uragano travolgente. L’incauto martellare del drumming e l’indole impulsiva di Erik soffiano sul fuoco, senza concessioni ai ritmi soft del West Coast AOR.
La reazione a catena iniziata da “The Other Side” si amplifica con “Point Of No Return”, song pronta a catapultarvi a rotta di collo in un viaggio senza ritorno. E tutto sembra ricreare questa tensione, una tensione che fa piegare fino allo spasimo la chitarra di Erik e spinge oltre ogni limite l’ugola di Atkins.
Insomma, in questo disco la noia è bandita e l’unica ballad vera e propria rimane la penultima “True Love Awaits You”, il cui nome tradisce le propria natura. Al di là di un titolo classicamente programmatico, l’acustica non ha il sopravvento e le voci ascendono intense, recidendo i legami con il classico lentone amoroso, asperso da monotoni arpeggi e morbidi afflati.
Una volta tanto, dunque, a scrivere la parola fine sarà la dinamicità di “Go”, inequivocabile fin dalle prime note di un Martensson scatenato, sempre pronto ad inseguire il bel coro.
In definitiva, l’album vanta la totale assenza di tempi morti e noiosi riempitivi, palesando qualche inevitabile ed ovvio richiamo (l’ombra degli Eclipse non è poi così oppressiva), il tutto alimentato sia dall’ardore delle nuove leve che dalla dedizione dei vecchi eroi. Martensson fornisce quella marcia in più al discorso musicale, con tecnicismo mai ingombrante e dispersivo, vario e potente quel tanto che basta per dare movimento ai brani: la foga dell’esecuzione e l’arrembare dei ritornelli conquistano fin da subito e distolgono dal cercare il rimpasto compositivo dietro ogni battuta.
Questo Nordic Union inaugura alla grande la stagione melodica 2016, dimostrando che il cuore per questa meravigliosa musica batte ancora sotto le nevi del gelo nordico.
Eric Nicodemo