Recensione: Norse
Tra il 1997 e il 1999, in quel periodo che intercorre tra il primo Mellom Skogkledde Aaser e quel piccolo capolavoro di Fra Underverdenen, i Kampfar partoriscono un piccolo EP di passaggio, tanto breve quanto oramai introvabile, che ha il compito di raccogliere tre tra le canzoni più appassionanti che abbiano mai prodotto.
Particolarmente degna di nota è la traccia d’apertura, “Norse“, che non solo rappresenta la title-track e forza trascinante dell’intero EP, ma diventa anche punto di luce del successivo Fra Underverdenen, tra le cui file la canzone perde un po’ di mordente, destinata com’è ad avere un posto tutto suo all’interno della discografia della band.
Già, perché al pari di un Far Far North o di un Black Winter Day, questo Norse è stato creato come una vetrina dietro la quale mostrare un lavoro particolarmente ben riuscito, adornandolo di due tracce che ne esaltino il valore, pur mantenendo uno spiccato individualismo.
Norse sarà probabilmente già familiare a tutti i seguaci del Viking Metal: quel “My Pagan Ancestors Call My Name” sibilato all’inizio è ormai storia del genere, lo scream posato e significativo, le chitarre a tratti folk e a tratti black fanno ormai parte del bagaglio stilistico conclamato dei Kampfar, e la canzone segue le fila melodiche della propria controparte di Fra Underverdenen mostrando però una variante notevole.
In questa versione infatti è presente una melodia abbastanza articolata e atmosferica che si sovrappone a tutta la seconda parte della canzone trasformandola in un’epopea a metà tra il trasognato e il cacofonico. Non so bene perché l’abbiano fatto, eppure è questa a tutti gli effetti la versione originale di Norse, quindi teoricamente è quella in Fra Underverdenen a essere alienata. In ogni caso, il “pallino” delle sovrapposizioni, se così si può chiamare, si presenta anche nella truce “Troll“, canzone che si dilunga un po’ all’inizio salvo poi scoprire tutte le proprie carte con una violenza abbastanza inaudita nel panorama Kampfar. Ed è anche qui che da metà canzone si intromette un secondo strato elettronico, profondamente effettato, che aggiunge alla canzone di per sé abbastanza canonica un tocco “antikampfariano”, che non ricomparirà mai nella loro produzione successiva.
Termina il trittico la cosiddetta strumentale “Tæring“, che in realtà ha poco di strumentale visto che sono presenti un paio di strofe cantate in una struttura melodica tutto sommato breve: appena un minuto e venti secondi.
Folk fino al cuore, questa cesura si compone di un allegro giro di chitarra sopra il quale sospira il chitarrista Thomas mentre Dolk chiacchiera e batte le mani, concludendo la breve ballata norvegese con la parola “Troll”, tema portante di questo EP dai toni leggendari.
Profondo e manifestato con grande epicità è l’amore viscerale per la natura norvegese che trasuda dal testo delle due canzoni complete, un motivo conduttore che lega i Kampfar più a un certo black del passato (Storm, Darkthrone, Borknagar) che a quel viking-folk che in quel periodo era in decisa evoluzione e proiezione verso i giorni nostri.
Imperdibile per ogni appassionato del viking di scuola black, Norse sarà doloroso da ottenere a causa della sua originale tiratura limitatissima (addirittura l’LP è stato stampato in un numero maggiore di copie) e a causa del fatto che è stato integrato da Napalm all’interno della ristampa di Fra Underverdenen, relegando in questo modo tra le mani dei fans più elitari la versione alternativa della title-track.
“Kampfar plays metal exclusively” recita l’interno del libretto (di due pagine): gli estimatori più smaliziati di black norvegese sguazzeranno nella colta citazione di Dolk, fenomenale lascito di un black che, a conti fatti, ormai esiste solo nella storia.
TRACKLIST:
1 – Norse
2 – Troll
3 – Tæring