Recensione: Northward
Northward. Verso nord. Un progetto hard rock che non ti aspetti, composto dal duo di eccezione Floor Jansen (Nightwish, ex-ReVamp) e Jorn Viggo Lofstad (Pagan’s Mind, ex-Jorn), che vede la luce con il disco eponimo in questo ottobre 2018 ma che ha origini ben più remote. I due infatti si incontrano per la prima volta al ProgPower USA nel 2007; in quell’occasione scoprono le reciproche “affinità elettive” in materia di hard rock e l’anno successivo iniziano a comporre assieme per un nuovo progetto, in maniera molto spontanea e verace. Il materiale finisce ben riposto nel cassetto a causa dei pressanti impegni di entrambi i musicisti: terminata l’avventura degli After Forever (1995-2009), Floor Jansen fonda i ReVamp (2009-2016) con i quali realizza due album, poi nel 2012 l’avventura con i Nightwish fino all’anno sabbatico per i finlandesi nel 2017 che ha permesso finalmente alla frontwoman olandese, oltre che di concedersi la sua prima maternità (il 15 marzo 2017 è nata la figlia Freja), di riprendere in mano questo progetto e portarlo a compimento. Verso nord, dunque, destinazione Scandinavia: in direzione del chitarrista norvegese Jorn Viggo Lofstad, autore del disco, o come la carriera della cantante dall’Olanda degli After Forever verso la Finlandia dei Nightwish, ma anche nella vita sentimentale della Jansen, sposata con un musicista svedese, Hannes Van Dahl, batterista dei Sabaton.
Ben lontani dallo stile dei Pagan’s Mind e dei Nigthwish, “Nortward” è un progetto molto diretto, fatto di brani brevi ed immediati, senza orpelli (basti pensare alla quasi completa assenza delle tastiere), che fa facile presa grazie al groove del poliedrico Lofstad e dei suoi riff, che servono puntualissimi assist alla grintosa Floor Jansen al microfono, evidentemente anch’essa a suo agio in ogni circostanza. Speriamo che anche Tuomas Holopainen lo capisca presto, considerato l’enorme potenziale inespresso dalla olandese in “Endless Forms Most Beautiful” (2015).
Il singolo “While Love Died” è già un manifesto programmatico del frizzante dialogo a due voci evidenziato dalla dialettica di bianco e nero, amore e lotta, e costituisce uno dei momenti più alti del lavoro, un do-or-die che farà da spartiacque tra gli ascoltatori. Il singolo “Get What You Give” vira verso il rock con una melodia vocale raffinata ed ammaliante, ispirata da band come gli Skunk Anansie di Skin. Ancora più verso il pop con “Storm in a Glass”, altro pezzo molto riuscito utilizzato come terzo singolo. “Drifting Island” procede sul tema del duale, stavolta in direzioni contrapposte, con la voce Irene Jansen in vesti di guest vocals ad affiancare quella della sorella.
“Paragon” ci riporta verso lidi più consueti, con un climax che vira da un arpeggio acustico e positivo verso atmosfere molto più tirate, cupe ed epicheggianti; così come la successiva “Let Me Out”, con un riffone tipicamente hard rock ed un solo decisamente intenso a tre quarti del brano ed una gran bella performance vocale della Jansen. Groovy sperimentale per “Big Boy”, brano abbastanza curioso che fonde diverse influenze, a trascinarci con forza verso una discoteca rockettara.
Ancora dolce e amaro, bianco e nero, ballata nella strofa ma anche potenza ed aggressività negli armonici in apertura e nel ritornello, sempre con particolare attenzione alla melodia in “Timebomb”… dove finalmente fanno la loro comparsa le tastiere di Ronny Tegner dei Pagan’s Mind.
Forse un po’ troppo avanti in tracklist la ballatona “Bridle Passion”, brano acustico e serafico forte della dolcissima interpretazione di Floor Jansen che svetta sugli arpeggi di Jorn.
Chiudono il disco la veloce up-tempo “I Need”, seguita dalla lunga suite “Northward”, che è un po’ la sintesi dell’intero lavoro: dalla dolcezza all’epicità, con le chitarre che d’improvviso virano verso un riffing più tipicamente commerciale alla Foo Fighters per poi riprendere quota verso le gelide terre del nord.
Nonostante gli evidenti rischi che sempre accompagnano questo genere di esperimenti out of the box, il progetto Northward di Jorn Viggo Lofstad e Floor Jansen sembra premiare la pervicacia del duo, capace di dare forma definitiva alla propria creatività musicale a dieci anni di distanza dai primi contatti. Un lavoro fresco e frizzante, forse poco longevo nel suo voler suonare sempre groovy e moderno, ma che ha dalla sua un’ottima varietà di situazioni ed un indiscutibile valore di autenticità.
Luca “Montsteen” Montini