Recensione: Nosferatu
Sguardi truci, visi pittati, un monicker minaccioso e un titolo orrorifico: la ricetta tipica di una band nata nelle cupe foreste scandinave che ha consacrato la propria esistenza alla nera fiamma del… power metal. No, non si tratta di un errore di battitura: come forse qualcuno avrà sospettato dalla rosseggiante copertina, più pacchiana che spaventosa, i Bloodbound si avvicinano al black quanto gli Immortal al liscio, e Nosferatu, il loro album di debutto, è tutto fuorché una perla di nera malvagità.
Tolto di mezzo ogni dubbio in proposito, si tratta di capire che cosa abbiamo per le mani: metal melodico alla maniera nordica, non privo di quel gusto di anni ottanta riscoperto anni fa dagli Hammerfall e ora diffuso un po’ in tutta la pensiola. Che c’è di male in tutto questo? Niente.
Il punto problematico è un altro, e cioè che l’originalità della band rasenta il suolo e, quando possibile, prova anche a scavare. Riff e arpeggi con l’etichetta “Iron Maiden” ancora attaccata, ritmiche e strutture che non mettono un piede fuori dai confini tracciati a suo tempo dagli augusti Helloween, e più in particolare appisolati nel recinto che delimita il territorio dei compatrioti Nocturnal Rites. E la creatività, la voglia di osare? Dimenticata negli altri pantaloni, a quanto pare.
Stroncatura in arrivo? Non proprio.
Il fatto è che questi ragazzi ci sanno fare. Tecnicamente ineccepibili, carichi e determinati, piazzano diritti in apertura tre-quattro brani lineari quanto volete, ma dannatamente trascinanti, di quelli che si ficcano in mente già ai primissimi ascolti e non ne vogliono più sapere di uscirne. Behind the Moon parte in quarta con un riff maideniano tirato a lucido e con l’ugola del bravo Urban Breed, già al servizio dei consanguinei Tad Morose, lesta a catturare l’attenzione con un paio di acuti ben piazzati; Into the Dark libera un refrain d’impatto che fa eco agli Angra dell’ultimo periodo; la title track Nosferatu – uno dei pezzi power più coinvolgenti che abbia ascoltato nell’ultimo anno – esordisce tra gli umidi rintocchi di campane a morto e un arpeggio firmato Steve Harris, prima di fare esplodere in faccia all’ascoltatore con un riff da cavalcare urlando nella pioggia. Scorre tutto così bene che quando arriva il turno di Metal Monster ci si attenderebbe un calo che non arriva, e a dispetto di un titolo da prima media ci si trova davanti un brano che tra cori esaltati e assoli incrociati offre un nuovo ritornello da afferrare al volo e conservare con cura. Passano i minuti e sembra che la band prenda coraggio, tanto da osare con Desdemonalia perfino qualche soluzione un po’ più personale: variano le ritmiche e da lontano fa addirittura capolino un’ombra sottile di hard rock. Le rotaie sono sempre le stesse, ma forse è giunto il momento di cambiare binario…
No, falso allarme. Anzi, allarme rosso: disastro imminente. Non paghi di aver razziato la bacheca degli Iron Maiden, i Bloodbound si avventano famelici sugli Helloween d’epoca e fotocopiano Eagle Fly Free, rovinandone il refrain per potersi arrogare il diritto di cambiare il titolo in “Fallen from Grace”. I casi sono due: o non conoscono la normativa sul copyright o non conoscono il capolavoro degli Helloween. E delle due non si sa quale sia la più grave.
Ma voltiamo magnanimamente pagina, avviandoci a un finale che si tinge di una luce un po’ più epica e ci regala un paio di pezzi piacevolmente scorrevoli come For the King e Midnight Sun (citati anche per evitare di riparlare di arpeggi fraudolentemente sottratti ai Maiden nei rimanenti due). Arriviamo così all’ultimo minuto senza ancora aver potuto tirare il fiato, nell’attesa un po’ interdetta di una ballad che non arriva, col sospetto che questi ragazzi abbiano rotto il freno e si siano dimenticati il piede sull’acceleratore. Ma il viaggio non è stato affatto male.
C’era da aspettarsi che gli sbadigli di noia si facessero sentire abbastanza presto, e invece dopo diverse settimane dal primo approccio Nosferatu regge ancora bene, e si lascia ascoltare con piacere anche dopo numerosi passaggi nel lettore.
Ora sta a voi. Se vi piace il genere e non vi infuriate quando i riff dei vostri beniamini sono presi a prestito – diciamo così – dalle nuove leve, potreste avere voglia di segnarvi il nome della band tanto per il presente quanto per il futuro. Se al contrario trovate le melodie del power suonato alla nordica maniera stucchevoli o poco interessanti, e pretendete prima di tutto idee nuove da una band nuova, potete tranquillamente volgere il vostro sguardo in un’altra direzione.
Ma proprio questo non bisogna dimenticare, e cioè che in fondo siamo di fronte a una band debuttante, che di tempo per trovare la propria strada ce n’è ancora, che copiare è sì facile, ma non tutti sono capaci di copiare bene. E che le fulminanti cavalcate dei Bloodbound, in un genere statico di natura come il power, non sono affatto cosa da tutti. Dunque proviamo a essere ottimisti, e a sostenere il grande potenziale di questi ragazzi, nell’attesa che le idee giuste possano un po’ alla volta maturare.
Tracklist:
1. Behind The Moon
2. Into The Dark
3. Nosferatu
4. Metal Monster
5. Crucified
6. Desdemonamelia
7. Fallen From Grace
8. Screams In The Night
9. For The King
10. Midnight Sun
11. On The Battlefield