Recensione: Not The End of the Road

Di Manuel Gregorin - 4 Marzo 2022 - 15:30
Not The End Of The Road
78

Not The End Of The Road“, con questo titolo tornano sul mercato i Kissin’ Dynamite: di strada, dai loro esordi, la band tedesca ne ha effettivamente fatta.
Attivi dal 2007 – anche se già dal 2002 circolavano nella scena underground con il nome di Blues Kids – oggi tagliano il traguardo del loro settimo album nel quale si registrano due sostanziali novità: la prima è il cambio di etichetta con il passaggio alla Napalm Records; il secondo è l’ingresso in formazione del batterista Sebastian Berg che va a sostituire il defezionario Andi Schnitzer in quello che è il primo avvicendamento di line up nella storia della band . Particolare questo che rende l’idea sulla stabilità e l’affiatamento della formazione di Burladingen. Per il resto cambia poco in casa Kissin’ Dynamite, con i nostri sempre attenti a proporci il loro hard rock-metal scanzonato e divertente che non manca, con sarcasmo e intelligente ironia, di mettere in musica certi aspetti della società contemporanea, sfornando interessanti e spiritose chicche. Come non menzionare, ad esempio, “Money Sex And Power” del 2012, con quel Bunga Bunga pronunciato ad inizio canzone dal vocalist Johannes Braun in riferimento al fatti del noto sex-gate italiano, o lo spassosissimo video di “Hashtag Your Life“, in cui la band in modo giocoso denuncia l’alienazione causata dalla dipendenza da smartphone e social network .

Ed anche per questo lavoro i Kissin’ Dynamite restano sule medesime coordinate, con l’hard rock genuino in piena evidenza già dalla title track che con note ritmate e melodie di facile presa fa partire il disco con il giusto sprint. Sulla stessa lunghezza d’onda anche le successive “What Goes Up” e “Only The Death“, due mid tempo strutturati come anthem da cantare dal vivo.

Un intro dal sapore orientale ci introduce “Yoko Ono“, tipico hard rock scanzonato sulla scia della già citata “Money Sex And Power“. Una buona menzione poi per “Defeat It” con un riff di chitarra trascinante e melodie catchy dal sapore anni 80. D’altronde nella formazione tedesca l’influenza degli eighties non è stata mai un segreto, sia nel look che nella proposta musicale, con una formula di brani hard n’heavy dalle melodie facili che guardano alla scena americana ma restano comunque con le radici in Europa. Un po’ come prima di loro hanno fatto i connazionali Scorpions.
E seguendo proprio gli insegnamenti degli scorpioni più famosi del mondo anche su questo disco non può mancare la ballad: “Gone For Good” è un lentone alla Bon Jovi che grazie alla sua melodia di facile presa riesce a centrare l’obiettivo che si era prestabilita.

Partendo da una dichiarazione di Kurt Cobain nasce invece “No One Dies A Virgin“, ma nonostante la fonte di ispirazione sia stato il guru della scena grunge, il brano resta sulle coordinate da sempre care alla band. Quindi una composizione energica in cui spicca un ottimo assolo di chitarra ed un testo con il quale i Kissin’ Dynamite ci spiegano, a modo loro, che nessuno muore vergine perché la vita e sempre pronta a dare il benservito a chiunque, prendendolo alle spalle proprio nel modo in cui, senza troppi giri di parole, viene lasciato intuire dal titolo della canzone.

Non c’è poi solo spensieratezza e divertimento nelle tematiche affrontate dalla formazione teutonica come si può evincere da “Good Life“, semi ballad con delle azzeccate sfumature gospel i cui ricavati saranno devoluti all’ospedale pediatrico della loro città, iniziativa questa nata in seguito della leucemia diagnosticata ad un ragazzo conoscente della band la quale ha deciso di attivarsi in tal senso per dare il suo contributo. Il brano vede poi la partecipazione di Jörg Roth dei Saltatio Mortis, Charlotte Wessels dei Delain e Guernica Mancini dei Thundermother (un paio di anni fa, a sua volta affetta da un tumore alla guancia).
Sicuramente un iniziativa lodevole del combo tedesco che dimostra all’occorrenza di saper anche affrontare argomenti di una certa serietà. Le tematiche più profonde restano presenti anche in “Coming Home“, pezzo con cui, dopo due anni di pandemia, si guarda all’imminente (si sperava) avvio verso la normalità come un ritorno a casa, il tutto sulle note di un gradevole hard rock maturo e dai tempi medi.

All For The Halleluja” è un’inno nel classico stile dei ‘Dynamite, con ritmi immediati e riff semplici di sicuro impatto sul ascoltatore. “Voodoo Spell” e uno di quei brani che invece ti fa sobbalzare dalla sedia: chitarre precise e mirate accompagnano melodie e ritornelli immediati, in quello che è il sottofondo ideale per l’ultima sfuriata prima di cedere il posto alla conclusiva “Scars“, ballata malinconica che con un andamento pacato chiude questo lotto di canzoni.

Not The End Of The Road” è il lavoro che ci si aspetta da una band come i Kissin’ Dynamite.
Un disco indovinato, con un suono anni ottanta fatto da musicisti degli anni duemila, fresco e contemporaneo senza inutili nostalgie ed in cui ogni brano è al posto giusto.
Anni fa in un’intervista, il gruppo in modo scherzoso ha dichiarato di voler diventare la più grande rock band di tutti i tempi.
Chissà se prima o poi ci riusciranno davvero. D’altronde come il titolo di quest’ultima fatica suggerisce – “Not The End of The Road” –  Johannes Braun e soci hanno ancora un po’ di strada da compiere.

 

Ultimi album di Kissin’ Dynamite

Genere: Hard Rock 
Anno: 2014
60