Recensione: Nothing’$ $acred [Reissue]

Di Luca Trifilio - 26 Gennaio 2011 - 0:00
Nothing’$ $acred [Reissue]
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Genere:
Anno: 2009
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75

Si chiamano Lääz Rockit e provengono da Oakland, California, in piena Bay Area. La baia di San Francisco è una zona leggendaria per gli amanti del metal e per i cultori del thrash, giacché proprio in quel luogo una serie di band, nate all’alba degli anni Ottanta, hanno dapprima plasmato e poi reso popolare in tutto il Mondo – a suon di ritmiche serrate e headbanging sfrenato – il nuovo genere musicale sorto da contaminazioni della pesantezza classicamente heavy con l’immediatezza del punk; in un cocktail rivelatosi travolgente e letale. Tuttavia, il gruppo in questione non annusa subito la nuova ondata musicale che stava animando l’area, preferendo muoversi su territori più ancorati al classico U.S. power. Ed è questo il caso del debut-album “City’s Gonna Burn” (1984) e del successivo “No Stranger To Danger” (1985). La prima, autentica svolta la determina la terza uscita, quel “Know Your Enemy” (1987) che segna in maniera inequivocabile una virata verso lidi più propriamente thrash; sebbene si tratti di un album ancora stilisticamente ancorato alle radici del loro sound. L’imbastardimento definitivo coincide con “Annihilation Principle” (1989): le sonorità corpose e potenti lo rendono il primo, autentico lavoro thrash dei Lääz Rockit. Formazione mai giunta alla grande notorietà ma che vanta totale dedizione alla causa e un repertorio di dischi onesti, ben scritti e concepiti; che in taluni casi sforano il tetto del buon disco per meritarsi appellativi ben più importanti.

Dopo la dovuta premessa, volta a contestualizzare e a presentare l’ensemble a chi, per varie ragioni, non lo conoscesse; è possibile occuparsi dell’uscita in esame, vale a dire la reissue uscita a fine 2009 (Massacre Records) del quinto full-length. Quel “Nothing’$ $acred” (1991) considerato da molti la vetta più alta raggiunta dalla band americana e che rappresenta l’ultimo disco pubblicato prima dello scioglimento, avvenuto agli inizi degli anni Novanta. Ci sono voluti circa diciassette anni, prima di poter vedere di nuovo il nome dei Lääz Rockit campeggiare su una copertina d’inediti; cosa che è avvenuta nel 2008 col discreto “Left For Dead”.
La reissue è caratterizzata da una track-list arricchita da tre brani bonus, composti negli anni Novanta e mai pubblicati, e una nuova masterizzazione volta a migliorare la qualità audio. Il risultato, in tal senso, è stato raggiunto e per accorgersene è sufficiente premere il tasto play del vostro impianto e lasciarvi travolgere dall’onda d’urto potentissima che risponde al nome di “In The Name Of The Father And The Gun”. Se proprio volete fare un paragone, provate a compiere la stessa operazione, stavolta inserendo il disco “Annihilation Principle”: a partire sarà la splendida, tiratissima e coinvolgente “Fire In The Hole”, autentico manifesto del «Lääz Rockit sound». Oltre la qualità elevatissima del brano, a risaltare sarà anche la differenza di produzione, di volumi, di corposità e potenza dei suoni. Il tutto, a netto vantaggio di “Nothing’$ $acred”.

L’opener non fa prigionieri: l’idea che trasmette è quella di un mastodontico cingolato che avanza inarrestabile, schiacciando tutto ciò che incontra sul proprio cammino. Si tratta di un brano potente, non tiratissimo, ma dall’impatto pazzesco. E, a emergere, è subito il bel lavoro dell’intero combo, in particolare della coppia d’asce Jellum/Sargent e del batterista Dave Chavarri, gran battitore di pelli e capace di dare i giusti accenti ritmici conditi da qualche preziosismo. Tuttavia, ciò non è sorretto in misura altrettanto valida dal vocalist Michael Coons che, proprio in questo CD – a parere di chi vi scrive – offre la sua peggiore prestazione. Il suo è un cantato che ricerca la potenza, l’urlo, ma finisce per apparire strozzato, sforzato, e nemmeno i tentativi di sovrapporre varie tracce vocali e di aggiungere effetti riescono nel compito di rendere più convincente la sua prova, che rimane uno dei punti deboli dell’intero platter.
Puntualizzato ciò, si può proseguire.
La band ci propina un brano killer che risponde al titolo di “Into The Asylum”, dotato di una strofa travolgente che rallenta sul ritornello, caratterizzato da fraseggi chitarristici i quali, nella seconda parte, donano spessore e qualità in virtù di buone armonizzazioni e duelli solistici. “Into The Asylum” è da ascrivere a pieno titolo tra i brani più esaltanti dell’intera carriera dei californiani, a fianco della succitata “Fire In The Hole” e di “Euroshima”. L’entusiasmo è molto alto, ormai, e “Greed Machine” contribuisce, se non ad aumentarlo, quantomeno a mantenerlo, in virtù di una struttura piuttosto classica e ripetitiva ma potenziata da un buon rifferama. E se “Too Far Gone” inciampa in un chorus poco incisivo che non permette al brano di decollare, ci pensa “Curiosity Kills” col suo scatenato riff di matrice thrashcore, che conquista senza mezzi termini regalando tanto headbanging e chiudendo con una ripresa che ricorda “Kill Yourself” dei S.O.D.
Che non si possa sempre estrarre dal cilindro brani di tale levatura lo si sa, e a dimostrarlo ci pensano le due canzoni seguenti, che non conquistano e che lasciano ancora una volta trapelare in maniera piuttosto evidente la difficoltà di Coons di trovare, in ogni contesto, la linea vocale migliore. Giunge dunque il momento della ballad, “Nobody’s Child”. L’act di Oakland ci riprova, dopo la meravigliosa “The Omen” apparsa sul precedente album, ma stavolta non centra il bersaglio nella parte lenta e delicata; riuscendo però a risollevarsi con la ripartenza che fa seguito al refrain. Per finire in bellezza, i Nostri conservano due assi nella manica: dapprima la scheggia “Silence Is A Lie”, il cui attacco marziale promette battaglia e che prosegue con un riffing nervoso per aprire le porte a una canzone travolgente che denuncia con forza l’omertà e la mancanza di coraggio. La chiusura è affidata a una bella strumentale, non lunghissima ma piena di flavour orientali, melodicamente irreprensibile e costruita sapientemente, con frequenti variazioni di ritmo e atmosfera.

Ad arricchire la release, come scritto in apertura, troviamo tre tracce. “Ten Eyes”, che avrebbero potuto scriverla i Death Angel di “Act III”. È un gran bel pezzo che avrebbe sicuramente meritato di esser titolare su “Nothing’$ $acred”, magari al posto di alcuni dei filler presenti nel disco. “Testimonial” schiaccia i sassi sia in avvio, sia in chiusura e nel mezzo tenta la strada dell’acustico e del cantato in clean vocals. Infine “Plague”. Dopo un’introduzione «testamentiana», prosegue cadenzata e marziale, ma è resa pressoché inascoltabile da linee vocali addirittura odiose.

Tirando le somme il quinto studio album dei Lääz Rockit merita senza dubbio l’attenzione degli amanti del thrash e anche dei cultori del metal in generale; in particolare dei curiosi che desiderano scoprire band misconosciute o semi-dimenticate le quali, negli anni Ottanta, suonavano con passione riuscendo in certi casi anche a infiammare platee e palcoscenici di un certo rilievo. Quello che la Massacre Records ci propone è un prodotto di buona fattura, con un booklet esteso, le bonus track, una qualità audio ottima e, soprattutto, viene offerta l’opportunità di aggiungere alla propria collezione un prodotto che su CD era introvabile e fuori catalogo ormai da anni. Rimanendo ancorati alla musica, l’analisi track-by-track ha avuto lo scopo di dare un’idea più dettagliata possibile di ciò che il supporto ottico contiene. Degli episodi di ottima fattura. Potenti, ben suonati, composti in maniera impeccabile; ma, anche, qualcosa che invece fa scendere il valore complessivo dell’uscita, andandola a piazzare, in un’ipotetica classifica degli album migliori dei Lääz Rockit, subito alle spalle del bellissimo “Annihilation Principle”. Una band onesta e tutta sostanza, tornata in attività da qualche anno, che merita una seconda chance o, quantomeno, di essere scoperta da ogni appassionato di thrash.

Luca “Nattefrost” Trifilio

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Track-list:
1. In The Name Of The Father And The Gun 4:14
2. Into The Asylum 4:56
3. Greed Machine 4:29
4. Too Far Gone 3:45
5. Curiosity Kills 3:17
6. Suicide City 4:26
7. The Enemy Within 5:52
8. Nobody’s Child 3:42
9. Silence Is A Lie 3:45
10. Necropolis 3:53
11. Ten Eyes 3:57 (Bonus track)
12. Testimonial 4:25 (Bonus track)
13. Plague 5:02 (Bonus track)

All tracks 52 min. ca.

Line-up:
Michael Coons – Voce
Aaron Jellum – Chitarra
Scott Sargent – Chitarra
Scott Dominguez – Basso
Dave Chavarri – Batteria
 

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