Recensione: Nova
Oli Brown è un chitarrista/cantante britannico già noto e benvoluto da alcuni anni nei circuiti blues-rock. E’ autore, infatti, di quattro accolti album da solista che hanno ottenuto una lusinghiera accoglienza.
Nel 2014, insieme con Aaron Spiers e Adam Breeze, rispettivamente alle quattro corde e dietro ai tamburi, Brown ha costituito un power trio dalle più spiccate connotazioni rock e hard, al quale cui ha dato il nome di RavenEye.
La band si è fatta parecchio ascoltare in giro sia come headliner sia come supporter di act di grande celebrità in ambito hard’n’heavy, ha presenziato a festival di livello come Download ed Hellfest, ed ha realizzato un EP dal titolo Breaking Out. Il riscontro è stato anche qui molto positivo, sia da parte del pubblico sia della critica, e la Frontiers non si è lasciata sfuggire l’opportunità di mettere i RavenEye sotto contratto.
Possiamo, così, ascoltare adesso l’esordio su full-length dei RavenEye, che hanno inciso nel New Jersey, con il produttore Warren Riker, questo energico “Nova”.
Il platter è un crogiuolo di stili afferenti al rock duro, che convergono in un sound denso e groovy, sempre tirato e ruvido. In qualche modo, in Nova i RavenEye riescono nella non agevole impresa di far incontrare l’hard blues con il grunge, ma non disdegnano di accogliere qualche spunto di formazioni dal “tiro” intenso come i RHCP e, comunque, dell’hard rock contemporaneo e mainstream.
Nella spettacolare “quasi title-track” Supernova, tanto per capirci, i nostri echeggiano proprio i Soundgarden ed i Pearl Jam, trascinando l’ascoltatore in un ottovolante sonoro che si muove tra momenti di rarefazione ed ariose esplosioni di suono. Va detto che i suoni più cupi ispirati dalle band d’estrazione grunge è qui talora illuminato da un tratto appena un po’ più gioioso, come dimostrano pure Wanna Feel You (brano dall’andamento magmatico sempre memore delle lezioni di Soundgarden e Pearl Jam, fuse in un incandescente sound) e Come With Me (canzone arrembante e catchy, tra le più solari del disco, trascinata da una batteria ed un basso che vanno a mille).
Anche nella splendida apoteosi di Oh My Love ( del tipo, ancora una volta, grunge meets hard blues, per quanto impossibile possa sembrare) scorgiamo persino tracce dei migliori Whitesnake in mezzo a torrenziali assoli di chitarra.
Con Inside ci troviamo sballottati tra accelerazioni ripentine e sprazzi melodici, e, ancora, in Hero e nella smagliante Hate veniamo travolti dall’impeto ritmico di Oli Brown e soci.
E se con Walls siamo al cospetto di un cadenzato melodic classic rock con chitarre roventi, in coda i RavenEye variano sui temi ricorrenti del loro album, interrompendo atmosfere che, altrimenti, sarebbero nel complesso troppo uniformi. Lo fanno prima con Out Of The Rain, articolata e atmosferica e densa di richiami a Wolfmother e Led Zeppelin, e subito dopo con Eternity, intensa ed epica semi-ballata in cui ascoltiamo per la prima ed unica volta strumenti acustici, e nella quale non mancano richiami, nella costruzione melodica, a gente come i Coldplay, che risultano inattesi senza sembrare fuori contesto.
Nova, insomma, con l’energia e la sua capacità di creare un sorprendentemente coerente mélange, un tempo impensabile, tra classic rock, hard, grunge e rock moderno, fa dei RavenEye una band di sicuro interessa e da tenere d’occhio per il futuro.
Tenendo conto che il suo presente è già di notevole spessore.
Francesco Maraglino