Recensione: Nyárutó

Di Elisa Tonini - 19 Marzo 2018 - 7:00
Nyárutó
Band: Dalriada
Etichetta:
Genere: Folk - Viking 
Anno: 2018
Nazione:
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82

Sono passati ormai vent’anni da quando i Dalriada si sono formati e da allora non si sono più fermati. Dopo di loro in Ungheria sono nati gruppi come i Niburta ed i Palmetta, band che in un modo più eclettico e vario  e tradizionale fondono il metal con melodie derivate dalla tradizione popolare ungherese.  I Dalriada sono noti per aver creato una riuscitissima fusione tra power metal, death metal melodico e melodie derivate dalla musica magiara, il tutto unito a testi e cantato in lingua madre. I nomi dei loro dischi seguono la tradizione di essere chiamati col nome di ogni mese in ungherese antico – eccetto Arany-album, (letteralmente “Album d’oro”), la compilation “Mesék, Álmok, Regék” (Favole, sogni e racconti) e l’ultimo disco acustico “Forrás” (Fonte). Ugualmente il loro Epic Hungarian Folk Metal ha avuto una certa evoluzione. Dagli esordi grezzi, a tratti quasi black (“Fergeteg e Jégbontó”) si è passati via via ad un sound generalmente più caldo e compatto. Con “Áldás” (2015) i Dalriada hanno cominciato ad esplorare sonorità più elaborate e sofisticate introducendo una vena progressive. “Nyárutó”, decimo full-lenght dei nostri, segue l’evoluzione degli ultimi due dischi.

Dopo la parentesi acustica di “Forrás” (sorta di compilation con qualche cover) si ritorna finalmente al metal con “Nyárutó”, nome che oltre ad agosto significa tarda estate, definizione che in certo modo descrive il tipo di musica presente nel disco. In “Nyárutó” abbiamo un lato intimista, piovoso e nostalgico, creato dalle sperimentazioni melodiche e dalle intricate scorribande delle chitarre e delle tastiere. Oltre a questo, però, vi è anche un lato luminoso ed ottimista creato dai loro usuali e battaglieri ritmi death metal melodico (alla Amorphis di “Elegy”) e dall’ epicità power (alla Blind Guardian). Ed è l’epicità che domina in pezzi come “Búsirató” e “Komámasszon”, le canzoni più dirette e concise del disco. Il singolo “Búsirató” avvolge l’ascoltatore con un’allegria decisamente estiva, solare e coinvolge con melodie ed arrangiamenti di grande gusto. Tuttavia, pur essendo un buon brano, la sua canonicità lo rende forse la canzone meno ispirata del lotto. In “Komámasszon” coabitano eleganti melodie dall’aria struggente e melodie estremamente vivaci, disegnate virtuosamente dagli strumenti ad arco (un po’ come nell'”Arany-album”). Le suggestioni connesse all’ascolto paiono portare alla mente i vigneti e l’odore di vino nelle cantine. “Komámasszon” è infatti una sorta di dedica alla lunga tradizione vinicola ungherese.

Canzoni come “Megöltek egy legényt”, “Hollórege” e “Táltosok álma” si pongono a metà strada tra un’attitudine istintiva, diretta e concisa ed il sofisticato stile progressivo accennato in precedenza. In “Megöltek egy legény” una magmatica malinconia doom viene stemperata da un’aria medievale e da un’entusiasta componente death melodico. “Hollórege” colpisce per lo slancio baldanzoso irrobustito da battagliere asperità death melodico ed arricchito da avventurosi assoli. La base musicale della canzone è Az Árgyélus kismadár, canzone popolare ungherese.  “Táltosok álma” colpisce per la furia death al limite del brutal, accompagnata da cavernosi growl maschili e stregoneschi growl e scream femminili. L’ aggressività della canzone è esacerbata dal senso di dramma generale che rende “Táltosok álma” il brano più duro del disco.

Il lato più progressive di “Nyárutó” si manifesta magnificamente nella title-track e nel trittico composto da “Thury György Balladája 1. Rész”, “Laus Deo” e “Thury György Balladája 2. Rész”.  La title-track, nei suoi 8 minuti, stempera con grande classe l’energia del power e del death melodico con sorprendenti e raffinati intrecci di chitarre e violino. Il carattere del brano, spesso tragico, si contrappone alla virtuosa vivacità del flauto che si fa strada verso la chiusure. Il trittico precedentemente citato forma una sorta di -riuscitissima- suite. Le due canzoni dedicate a Thury György colpiscono per potenza, combattività ed eleganza. “Thury György Balladája 1. Rész” con la sua magnificenza a tratti fiabesca, ha una valenza quasi descrittiva del comandante György Thury (1519-1571), il cui spirito combattivo potrebbe essere rappresentato dai battaglieri cori. Il suono dell’organo pare invece enfatizzare la sacralità dell’Ungheria in contrapposizione all’avanzata ottomana (cfr. assedio di Szigetvár). L’intermezzo Laus Deo, costituito unicamente dalle note d’organo conduce alla successiva “Thury György Balladája 2. Rész”, brano che colpisce per il ritmo originale della batteria e per un entusiasmo power impreziosito da raffinati e taglienti assoli. Le melodie del brano sono colme di un baldanzoso senso di vittoria: la canzone racconta infatti di un intrigo ordito dagli ottomani che avrebbe rischiato di coinvolgere Thury e la sua legione, piano fortunatamente fallito. Il motivo principale di “Thury György Balladája 2. Rész” è costruito sulla canzone tradizionale magiara “E kertembe egy madár.

La penultima traccia del disco, “Áldja meg az Isten”, sorprende con la sua atipicità grazie ad un andamento disteso, a tratti doom e death impreziosito da tastiere anni ‘70. La voce di András domina il cupo brano, oscurità a volte dissolta verso la fine del pezzo. Nella sezione centrale della canzone c’è la versione strumentale di un altro brano tradizionale “Erdély Körül van kerítve”. La conclusiva “Hajnali” è un outro dall’aria campestre per strumenti ad arco (suonati dalla Fajkusz Banda) che riprende la folk song ungherese del precedente brano. I Dalriada salutano: “ci vediamo a settembre”.

Con “Nyárutó” il gruppo di Soporon si conferma una realtà musicale solida e con un’identità musicale ben precisa, chiaramente distinguibile nel folk metal internazionale. Contemporaneamente i Dalriada cercano di introdurre qualcosa di nuovo nel proprio stile, operazione riuscita ottimamente ed in modo spontaneo. La produzione è ottima e risalta adeguatamente sia la potenza della componente elettrica, sia l’atmosfera senza tempo creata dagli strumenti tradizionali (fra cui cornamuse, flauti e violini). Ottime (ma anche agguerrite e sognanti quando serve) le prestazioni vocali di András e Laura, i cori sono inseriti nelle canzoni in punti efficaci per esaltare le atmosfere romantiche o combattive. Chi ha sempre amato i Dalriada troverà con “Nyárutó” pane per i suoi denti. Questo nuovo album è una garanzia di ottima qualità musicale.

Elisa “SoulMysteries” Tonini

 
 
 
 
 

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