Recensione: Obnoxious
Che gli Acid Reign di Harrogate (Yorkshire), leader indiscussi dello “United Kingdom Apple Core” (nonché unici esponenti di quel genere in quanto da loro stessi inventato), non fossero come tutte le altre band era parso chiaro fin dall’inizio. Il demo “Moshkinstein” uscità nell’87, poi promosso ad Ep dalla Under One Flag l’anno dopo, lo aveva messo in chiaro sin dalla copertina, dal buffo soggetto scelto per l’immagine, dal titolo del disco, dalla foto della band sul retro, dalle scritte del tipo “Ramsey prende in prestito esclusivamente la batteria di Steve” oppure “Gli Acid Reign sono la band più ballata del mondo“. Ironia, autoironia, voglia di suonare senza mai perdere di vista il divertimento, senza pose o facce da “stiamo salvando il mondo con il thrash metal” a colpi di brutalità, intransigenza e catechesi delle masse. Poi mettevi su l’album e scoprivi che il thrash “applecorizzato” dei Reign era acido e sferragliante al punto giusto; veloce, squinternato e dinoccolato, arrembante, tiratissimo. “The Fear” esce nell’89, mantiene lo stesso humor iconografico, ma ribadisce quanto a livello di sound i nostri amino pestare a sangue e fare le cose a modo. L’apparente bizzarria e guasconeria di fondo non si traduce in un songwriting superficiale, approssimativo o grossolano, tutt’altro. Che poi è la tipica scuola inglese. Prendete un film dei Monty Python, più le battute e le situazioni sono assurde e non-sense, persino demenziali, più la ricostruzione storica d’ambiente, le scenografie, i costumi e la messa in scena, sono rigorosi, puntuali, verosimili, persino pedanti nell’attenzione al particolare, al dettaglio. L’idea di fondo è proprio che la comicità della battuta venga amplificata ed esaltata dalla “seriosità” del contesto nel quale è pronunciata. Vale un po’ lo stesso per gli Acid Reign, scemi ma serissimi.
“Obnoxious” esce nell’anno di “Rust In Peace“, Cowboys From Hell“, “Left Hand Path“, “Never, Neverland“, “Persistence Of Time“, “Souls Of Black“, Beg To Differ“, “Act III“. Immaginatevi quella botta di rosa fosforescente, con titolo scritto in blu altrettanto fosforescente, un termine impronunciabile per chiunque non fosse anglosassone e nessun disegno a catturare l’attenzione di un occhio magari distratto dagli artwork solitamente molto enfatici ed evocativi dei metal album. Sempre contro gli Acid Reign, contro la logica, il buon senso, il marketing. Persino contro loro stessi. “Obnoxious” è un album “contro” gli Acid Reign. Questo accadrà, gli si ritorcerà contro. Perché è un brutto album? Affatto, probabilmente è il punto più alto della loro carriera. E allora che succede? Vediamo. Abituato il loro – seppur ristretto – pubblico ad un sound dirompente, caustico, aggressivo, vivido, poco incline a tecnicismi e finezze esecutive, fatto più di intensità che di decorazioni, gli applecorers mirano più in alto, dando alle stampe il loro “….And Justice For All“. Sette tracce (più una joke song finale chiamata “This Is Serious“, a rimarcare che in casa Acid Reign le prospettive sono invertite rispetto al resto del mondo, ciò che è serio è faceto, e viceversa) nelle quali viene sviluppato un techno (pink) thrash estremamente complesso e maturo rispetto alle prove precedenti. Lunghi brani dai 5 ai 9 minuti (tranne “You Are Your Enemy” sotto i 3), che si arrovellano in continui cambi di tempo e strategie strumentali che evidenziano una più che discreta perizia esecutiva, mai assoggetata però alla vanagloria e alla beatitudine davanti ad uno specchio, ma sempre coniugata col battere furibondo ed incessante del martello chiodato. Una via decisamente impervia da percorrere, che richiede la collaborazione dell’ascoltatore, disposto ad avventurarsi in questo bosco di rovi e spine eretto dalla band.
Non sono da meno i testi, importanti, drammatici, espressione di disagio, malessere, piccole e grandi lotte quotidiane in un mondo prevaricatore, conformatore, psicologicamente violento (al punto tale da poter spingere al suicidio, come in “Thoughtful Sleep“). Vere e proprie narrazioni, come anche in “Phantasm“, o grida di rivolta civile e morale come in “Codes Of Conformity, “My Open Mind” e “Creative Restraint“. Kevin Papworth e Adam Lehan si prodigano in assoli importanti, sempre ficcanti con la cornice nella quale vengono inseriti, H (Howard Smith) è un mattatore dietro il microfono; del resto ha sempre rappresentato la marcia in più nella band, non per un’ugola particolarmente sublime, bensì per la grinta e la duttilità interpretativa. “Obnoxious” insomma arriva un po’ come un pugno nello stomaco ai metal kid, i fans degli Acid Reign rimangono forse un po’ spiazzati dall’improvvisa maturazione esponenziale, sonora e testuale, dei propri beniamini; il resto dell’audience è (comprensibilmente) persa dietro ai capolavori pubblicati dai Megadeth, Annihilator, Death Angel e compagnia thrasharola. L’album rosa dei Reign finisce nell’angolo dei dischi da ascoltare “dopo”, e quel dopo per qualcuno diventa talmente impolverato e pieno di ragnatele da scordarsi degli Acid Reign. Un’ingiustizia marchiana della storia, perché gli Acid Reign si erano davvero superati realizzando l’album della vita, nonché un pregevolissimo capitolo di thrash metal inglese che meriterebbe di stare certamente nella top ten di tutti i tempi di Albione.
Le cose andranno così male che la Under One Flag scaricherà il gruppo. Per tutta risposta gli Acid Reign chiuderanno il contratto con “The Worst Of Acid Reign” (tutti a fare il best of, giustamente loro si congedano col “worst of…”), una compilation del ’91 che raccoglie tantissime chicche, compresi degli inediti, come ad esempio “The Joke’s On Us“, manifesto dello stato dell’arte in casa Acid Reign, incompresi e beffati dal (loro stesso) destino. Ennesimo album da avere, contrariamente ai best of di tante band, spesso pubblicati tanto per far numero ed onorare svogliatamente un contratto. Recentemente gli Acid Reign sono tornati, praticamente con il solo H a riannodare le fila del discorso interrotto. Vedremo cosa ne salterà fuori, ma intanto onorare il debito rimasto inevaso con “Obnoxious” e con questi meravigliosi bischeri di Inghilterra è il miglior regalo che possiate farvi.
Marco Tripodi