Recensione: Ocean’s Heart

Di Eugenio Giordano - 30 Gennaio 2004 - 0:00
Ocean’s Heart
Band: Dreamtale
Etichetta:
Genere:
Anno: 2004
Nazione:
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63

Secondo platter per i finnici Dreamtale che lo scorso anno furono artefici di un esordio interessante sotto le insegne della connazionale Spinefarm Records di Helsinki. In molti casi ho letto e constatato un generico disinteresse nei confronti di questa band, la semplice definizione della loro musica suscita immediatamente commenti freddi e distaccati. I nostri sono autori di un power metal veloce e di chiara matrice melodica che si ispira completamente ai canoni di gruppi come i Sonata Arctica cercando di inserire tocchi personali e spunti creativi a un genere ormai completamente saturo. Io credo che oggi per una band power come i Dreamtale sarebbe più facile vincere il primo premio di una lotteria miliardaria piuttosto che riuscire a bissare i responsi e i risultati raggiunti dalle band cardine della scena power, parlo degli Stratovarius oppure dei Gamma Ray. In realtà anche per il più creativo compositore della storia del metal sarebbe praticamente impossibile riuscire a comporre un album power metal completamente inedito senza finire al cospetto di qualche paragone con band notorie, dunque mi pare sbagliato l’approccio di chi spara a zero su chi souna power metal per il semplice motivo che ormai in questo ambito si è detto tutto, la mia impressione è che la stessa cosa si potrebbe dire di molti altri generi metal, ma forse i tempi non sono ancora maturi per questo tipo di considerazioni. Quindi mi appresto con la massima naturalezza ad ascoltare questo “Ocean’s heart” senza pormi il problema di quanto possa assomigliare a decine di altri dischi usciti negli anni trascorsi. Posso sudito dirvi che la band ha optato per una produzione davvero pulita e estremamente tecnica, come sempre la Terra dei Mille Laghi sforna musicisti estremamente preparati e tecnicamente eccelsi. La band decide anche di compiere una sensibile svolta minimalista in ambito compositivo puntando su un suono più snello e meno saturo rispetto al passato, la scelta mi trova perfettamente in accordo. Vengono inserite genericamente maggiori componenti digitali, non solo tastiere, ma anche contaminazioni tecnologiche che comunque non snaturano gli stilemi del genere in questione.

Dalla prima “Chosen one” si percepisce una chiara volontà melodica nella musica della band, i tempi sono subito serrati e le strutture ritmiche si alternano in maniera fluida in una composizione ideale per essere posta all’inizio del disco. Con “Angel eyes” la band sceglie di abbassare il livello della velocità e di cimentarsi con un mid tempo dinamico dal forte potenziale live, forse un poco banali sotto il profilo compositivo i Dreamtale finiscono per passare inosservati per un impiego di melodie davvero scontate. Si percepisce una inedita intenzione epica alla base di “Two hundred men” che strizza l’occhio alla tradizione tedesca, qui la band si cimenta con riff veloci e refrain crescenti molto efficaci sull’ascoltatore, una buona prova compositiva. Gli Stratovarius di “A million light years away” sono nettamente identificabili nelle strutture ritmiche di “Tear” che si dimostra una delle migliori canzoni del lotto, anche qui i Dreamtale viaggiano veloci e si dimostrano musicalmente preparati e competenti senza eccedere in personalità. Più complessa e ambiziosa “Garden of eternity” ripercorre certe soluzioni care al disco precedente della band ma mi sembra che in questo caso le idee siano state meglio messe a fuoco rispetto al passato. Peccato per una interpretazione vocale ancora lontana dal potersi definire pienamente convincente, siamo di fornte al solito cantato eccessivamente acuto e parzialmente inespressivo. Il power diretto di “My only wish” si ispira nettamente a quanto suonato dalle band storiche della scena fillandese, parlo dei primi Nightwish in particolare, il brano risulta piacevole senza provocare particolari emozioni. La immancabile slow tempo “If you will go” finisce presto per assomigliare a quanto suonato dai Savatege di “Streets” solo che ai Dreamtale manca John Oliva e si sente. La successiva “Rising wind” punta diretta la cuore di chi ascolta con un sound molto veloce e semplice, la canzone poteva essere messa in maggiore risalto se anticipata nella track list ma evidentemente le esigenze del concept lirico hanno imposto la sua relegazione al fondo del disco. La conclusiva “Return to the sea” celebra la conclusione del concept lirico evientemente dedicato al mito di Atlantide (scelta effettivamente molto personale…..) e pone fine in maniera piacevole a tutto il lavoro.

In definitiva posso dirvi che nulla cambierà dopo l’uscita di questo disco e credo che platter come questi siano rivolti principalmente a chi vive di pane e power come il sottoscritto, ma che per tutti gli altri rappresentino solo dei validi candidati al ruolo di sottobicchieri, quindi fate una attenta analisi prima di decidere di far vostro questo cd. 

Tracklist:
1. Ocean’s Heart
2. Chosen One
3. Angel Eyes
4. Fool’s Gold
5. Two Hundred Men
6. The Awakening
7. Tears
8. Garden of Eternity
9. My Only Wish
10. If You Will Go
11. Rising Wind
12. Return to the Sea
13. Whisper
14. Wasteland (Japan bonus)

 

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